lunedì 9 dicembre 2013

Le arti marziali e l' autocontrollo

Poco fa mi sono imbattuto nelle osservazioni di un utente di un forum: per farla breve questo ragazzo si chiede come si possa perseguire l' autocontrollo, imparare a gestire le situazioni stressanti (nella vita in generale) attraverso la pratica delle arti marziali, visto che dopo anni ha rimediato solo un infortunio piuttosto grave ma niente di quanto "promesso".

Ho pensato allora di trattare questo argomento dal momento che spesso genera malintesi.
La storiella la conosciamo un pò tutti, sempre grazie ai film: praticando le nobili AMT si apprende anche la meditazione e l' autocontrollo; Si impara ad essere sempre calmi e riflessivi anche nelle situazioni più drammatiche e a non incendiarsi come fiammiferi alla prima provocazione.
E naturalmente questo atteggiamento si dovrebbe ripercuotere in tutti gli aspetti dell' esistenza, nel noto Percorso di Vita che il marzialista persegue... imparando ad ammazzare la gente.

Siamo sicuri che la pratica di un' arte marziale possa donare questo tipo di autocontrollo?
Riflettiamoci un attimo: le arti marziali, di qualunque stile si stia parlando, si allenano attraverso la ripetizione di gesti.
Sono quindi un' attività prettamente atletica, spero che su questo non si discuta.
Nello specifico però trattano di combattimento (o almeno così si spera...) ovvero di situazioni stressanti sia a livello mentale che fisico.
E questa peculiarità finisce per migliorare la gestione dello stress, dovuto alla paura di farsi male ma anche alla necessità di rimanere lucidi e concentrati per la riuscita delle tecniche.
Il combattimento è una situazione molto specifica ma si da per scontato che saperlo gestire emozionalmente si ripercuota anche su tutto il resto.
E invece io non ne sono molto convinto.

Ho già spiegato in passato di come per affrontare con maggior tranquillità un certo tipo di situazioni sia necessario farci l' abitudine: più mi cimento in combattimenti o allenamenti "duri", più ci sarò abituato e saprò mantenere la calma nell' affrontarli.
E' una regola base dell' apprendimento.
Se mi alleno regolarmente nel dare e ricevere cazzotti, non mi prenderà il panico se mai mi dovesse capitare al di fuori di un ring o della palestra.
Questa però è una forma di autocontrollo abbastanza specifica, sebbene tra le più importanti visto l' argomento.

Anche chi esercita in modo completamente diverso migliora una forma di autocontrollo, e mi riferisco proprio alle AMT con le loro pratiche di forme di posizioni, ostentato controllo dei colpi o persino "meditazione" (spesso travisata...).

Tuttavia quello che chiedeva il ragazzo era qualcosa di molto più generalizzato, l' autocontrollo e la gestione dello stress a 360 gradi, nel lavoro e nella vita tutta.
E questo a mio avviso non è direttamente collegabile al saper gestire una scazzottata.

Essere dei gladiatori del ring porta essenzialmente a saper gestire un confronto violento e ad avere maggior autostima e determinazione.
Questi due aspetti valgono la candela già da soli, sia ben chiaro.
Ma quanto è assimilabile questo genere di stress rispetto a quello di un lavoro oberante o di un problema familiare?
In fondo qualsiasi attività sportiva può aiutare in questo senso: nuotare, fare arrampicata, correre... tutte attività che aiutano nella percezione dei propri limiti e nel loro superamento, nel controllo del proprio corpo ed emozioni e ancor di più nello scaricamento della tensione.
Perchè finchè si parla di attività atletiche, ognuna di essa fornisce un potenziale miglioramento caratteriale che vada aldilà del semplice gesto.

O dovremmo supporre che tutti i grandi campioni di Muay Thai o i Santi Maestroni cinesi che spostano la gente con l' aria dal sedere siano immuni allo stress grazie all' arte marziale?

(Tra l' altro mi permetto di osservare che proprio i sedicenti esperti di AMT, quelli che raccontano della Via e cazzate annesse, sono spesso i primi a dar prova di immaturità e scarsa gestione dell' emotività; E non tanto perchè ne siano meno capaci, ma proprio perchè pretendono di esserlo e lo dicono in giro).

La gestione dello stress, nelle sue varie forme, non passa in modo privilegiato attraverso lo studio delle arti marziali.
Spesso è tutta questione di auto-convinzione, che porta in effetti a dei risultati ma come lo potrebbe fare qualsiasi altra attività dal training autogeno alla meditazione (quella vera), allo Yoga e persino alla religione.
Perchè lo stress è una condizione prima di tutto mentale ed è lì che si può fare la differenza.

Per questo abbiamo praticanti che, essendo particolarmente appassionati e presi dalla propria arte marziale "dai saggi insegnamenti", si autoconvincono a tal punto da modificare il proprio atteggiamento nella vita, sforzandosi di restare calmi ed affrontare le cose con criterio.
E questo è un successo; Indiretto, ma effettivamente riconducibile alla pratica.
Però vorrei far notare che le stesse conclusioni le ho sentite personalmente raccontare da giocatori di biliardo, da alpinisti, da surfisti, da corridori ed altri ancora.
Tutta gente che dalla propria passione ha ricavato miglioramenti caratteriali, determinazione, rilassatezza e tutte quelle qualità utili a raccontare alle ragazze in hot pants di essere "uomini migliori"... :-)

Io lavoro male sotto stress, me ne sono reso conto più volte nel passato.
Quando sono messo sotto pressione, ho scadenze strette o un grave problema da risolvere vado "in panico", inizio a sudare freddo e commetto errori banali.
Come dovrebbe influire il saper fare a cazzotti in questa situazione?
O il saper fare una forma con grazia e precisione?
O l' aver rischiato la vita appeso ad un cornicione a mille metri nel vuoto?
La verità è che non c'entra un cazzo: ho affrontato il problema organizzandomi meglio, ponderando meglio la comunicazione e stabilendo paletti imprescindibili.

E questo è solo un esempio.
La ricercata gestione dello stress passa attraverso una moltitudine di pratiche e osservazioni che non hanno a che vedere con le arti marziali.
L' autocontrollo nelle situazioni di paura è una qualità piuttosto specifica e non assimilabile ad altro.
Gestire lo stress della vita si impara soprattutto... vivendolo.

venerdì 6 dicembre 2013

I maestri "fai da te"

Come anticipato nel post precedente andiamo a parlare di quei maestri che insegnano il proprio stile in maniera privata, senza associazioni di turno o palestre di riferimento.

Sento di dover fare qualche premessa.
Personalmente non trovo sbagliata in assoluto questa strada, almeno sotto alcuni aspetti: prima di tutto il fatto di essere slegati da qualsiasi scuola brandizzata permette un' apertura mentale maggiore e poche storie riguardo programmi di apprendimento, metodologie o "purezza" presunta di un sistema.
Uno si allena in quello che vuole, come vuole e sotto una buona guida questo può essere solo che bene.
Non ci sono di mezzo fastidi come gli esami per le cinturine, gli stage "obbligatori", la divisa ufficiale, il rinnovo dell' iscrizione, l' assicurazione che tanto non copre niente, più altre cose.
Tutto questo assomiglia molto di più al modo in cui si apprendevano le arti marziali nei famosi secoli passati... sempre che la cosa vi interessi.

Il problema però resta quello: chi vi assicura che il tal istruttore sia "una buona guida"?
E qui casca l' asino... perchè mi pare scontato che nessun allievo inesperto abbia gli strumenti necessari a giudicarlo.
Soprattutto nel momento in cui il sedicente maestro dichiari di insegnare il proprio stile, sul quale non sia possibile sindacare non avendo altri esperti con i quali confrontarlo.

Io vorrei soffermarmi su questo aspetto della cosa, prima ancora che sulla bontà o meno di quanto spiegato: qual' è la reale competenza in materia del maestro?
Su quali fondamenta è costruito il suo stile di arti marziali e la sua esperienza nel campo?
Perchè purtroppo ad insegnare con questa modalità sono soprattutto i soliti fenomeni che con qualche anno di pratica poi pretendono di averne già capito abbastanza, in particolare quando hanno sufficiente abilità fisica per stupire i neofiti (incapaci).
Vedi ragazzetti che fanno i maestri di Jeet Kune Do (che si sa è un mischione interpretabile a piacere), si riempiono la bocca di qualche nozione rubata qua e là ma alla fine magari hanno fatto giusto un paio d' anni in un corso normale più qualche stage in giro, ai quali si presentano come "istruttori".
Senza contare che non avendo un corso regolare in cui allenarsi a propria volta, e dovendo mantenere una certa reputazione (non possono di certo iscriversi al corso della città!), finisce che il loro progresso tecnico si interrompe e non hanno più modo di confrontarlo ed allenarlo attivamente.

Il disastro assume proporzioni epiche quando poi questa gente dichiara di aver codificato un intero stile, o di essere l' unico depositario autentico rispetto ai ciarlatani dei corsi standard.

Abbiamo così episodi come quello del maestro di Wing Chun che diceva di essere l' unico ad insegnare, nel proprio garage, quello "originale che funziona", il maestro senza colore che sostiene di essere tipo il più grande esperto di arti marziali d' Europa per arrivare allo sconcertante ed esilarante caso del maestro di una "sacra scuola del colpo dorato", tramandato da tipo 5000 anni dai monti tibetani fino al Sud Italia...

Ma anche senza scadere in questi casi umani è giusto osservare che qualsiasi esperto si deve essere formato da qualche parte e dopo svariati anni, e chiunque dichiari di aver fondato uno stile, da insegnare privatamente, in genere è solo un pallone gonfiato in cerca di guadagni facili.

C' è stato un tempo in cui, proprio al culmine del mio disgusto per ciò che vivevo nella mia AMT, anche io ho ipotizzato di abbandonare qualsiasi pratica "ufficiale" per continuare ad insegnare quel cavolo che volessi, senza più etichette, programmi e formalità inutili.
Posso affermare con assoluta certezza che molti altri praticanti della stessa scuola abbiano lasciato per poi finire a fare in sostanza la stessa cosa con un altro nome; Uno in particolare ha pure fondato una nota scuola che risponde per filo e per segno a quanto indicato nell' articolo sui Novelli Inventori.

A quei tempi ero già consapevole di questa incoerenza, e mi ritrovai a pensare di aprire un corso di... "Arti Marziali".
Mi sembrava la cosa più onesta, per slegarmi del tutto dalle esperienze precedenti senza però rendermi colpevole di aver creato anche io l' ennesima disciplina.
Ma la cosa risultava altrettanto ridicola: chi mai avrebbe voluto iscriversi ad un corso di... Arti Marziali®?
Quale palestra avrebbe voluto un programma con scritto "Dalle ore X alle ore Y corso di Arti Marziali®"?!
Insomma dai, restava comunque una pagliacciata...
E così pensai anche io di rigirare la frittata vendendo il tutto come... Jeet Kune Do!!!
Perchè è quello che hanno fatto in tanti, giocando con le parole lasciate da Bruce Lee...

Per fortuna avevo quel briciolo di obiettività per rendermi conto che sarebbe stata tutta una stronzata, che alla fine io ero competente in quello che avevo fatto fino ad allora e in nient' altro.
Rubare tecniche agli stage o vendersi come esperti dopo un mese in una disciplina sarebbe stato mortificante per la mia dignità (mentre per altri pare non lo sia...).
Grazie al cielo quell' idea malsana non si è mai realizzata, anche perchè penso che ad oggi per la vergogna avrei smesso del tutto di praticare qualsiasi cosa inerente al combattimento...

Mi è capitato anche che qualcuno mi chiedesse di fargli lezioni private, di insegnargli "a casa".
Ed anche in quel caso, per troppa onestà, mi sono trovato a riflettere sull' inutilità della cosa declinando l' offerta.
Per allenarsi può bastare un pò di spazio e qualche semplice strumento, vero; Ma per imparare le arti marziali servono un allenamento ed un impegno costanti, non certo lezioncine da decine di euro all' ora una volta a settimana, tu ed io.

Io metto in guardia da tutta quella gente che dice di aver fondato stili improbabili e dice di insegnare privatamente a pochi eletti.
La regola è sempre la stessa, verificare le fonti, provare anche da altre parti per avere un confronto ed imparare a giudicare.
Ed allenarsi duramente!

lunedì 25 novembre 2013

Piccoli inventori alla riscossa

Stasera vorrei parlare di quei maestroni che una bella mattina si svegliano e decidono di creare il nuovo stile definitivo.

In passato ho spiegato di come qualunque pincopallino sia libero di proclamarsi Maestro del proprio sistema di combattimento: nessuna legge pone dei limiti in questo senso e non vengono nemmeno richiesti particolari requisiti per insegnare in una palestra.
Senza esagerare, domani mattina ciascuno di voi lettori potrebbe dedicare un' oretta a scegliere il nome della propria arte marziale, guardarsi un paio di video su YouTube e presentarsi in serata in una qualsiasi palestra chiedendo uno spazio per aprire un corso.
Le possibilità di successo aumenteranno se proporrete un corso di difesa personale.
Se siete abbastanza abili con le parole e non siete disabili fisici, potrete letteralmente crearvi da zero una credibilità come maestri di arti marziali, il tutto senza la minima esperienza.
E naturalmente mirare alle allieve in hot pants con gli occhioni grandi grandi...

Non pensiate che sia impossibile proporsi come esperti senza dimostrare ciò che si insegni: lo fanno da decenni centinaia di maestri di AMT.
Come ribadisco è il loro stesso metodo didattico a rendere possibile questo abominio, in quanto nessun allievo pretenderà che lo facciate; E chi chiederà le prove potrà essere abilmente dribblato fino a quando non se ne andrà da solo.

Naturalmente il tutto sarà reso possibile anche dal target stesso degli allievi ovvero tutta quella gente che vuole dire di "fare arti marziali" ritenendole però nient' altro che un corso di fitness alternativo.

Una volta chiarita questa verità immaginate cosa sia possibile inventarsi qualora si abbiano effettive esperienze pregresse e un buon senso del marketing (nonchè una gran faccia tosta).

E' giusto ricordare che non esisterebbe alcuno stile di arti marziali se nessuno un giorno avesse deciso di codificarlo o proporre una propria visione evoluta di quanto si allenava in precedenza: basti pensare a stili come il Karate Kyokushin, il Brazilian Jiu Jitsu, la stessa Kick Boxing, il Judo e molti altri ancora (in effetti ogni singola disciplina funzionale moderna).
Tutti stili universalmente rispettati e ritenuti validissimi, accomunati dall' essere evoluzioni o reinterpretazioni di altri metodi.

Ma accomunati anche dall' essersi evoluti verso la funzionalità, di pari passo con i progressi scientifici nel campo dell' allenamento e con il confronto diretto.

Ognuno di questi stili si è specializzato in un campo più o meno ampio del combattimento umano, effettivamente soprattutto in termini di regolamento agonistico: ma ogni disciplina funzionale ormai converge nei metodi di apprendimento, nei principi e spesso persino nelle tecniche.
Perchè sia chiaro: ormai non c'è assolutamente più nulla da inventare.

E allora per quale ragione esistono così tanti stili di arti marziali?
Come è possibile che nella mia città esistano decine di maestri di arti marziali dai nomi più improbabili e ciascuna proposta come quella "più completa", "più efficace", "più tutto"?

Parliamone.
Le premesse sono quelle già spiegate, il sistema permette di inventarsi una nuova arte marziale dall' oggi al domani e ci saranno frotte di aspiranti marzialisti ben felici di farsi abbindolare purchè lo stile sia presentato abbastanza bene.
Perchè in sostanza il giochetto riesce se il tutto viene confezionato con cura:

- Una divisa ufficiale accattivante, o uno stemma che identifichi l' appartenenza a quel gruppo.

- Un nome possibilmente orientaleggiante, o al contrario anglofono con l' uso di termini aggressivi/di moda (Kombat, Extreme, Total Fighting, MMA, Close Combat, TurboMinchiaKillaPauaMothafucka).

- Una storia affascinante sulle sue origini, che affondi le radici in paesi esotici, in tempi lontani e abbia a che fare con miti di guerrieri formidabili (il tutto rigorosamente lasciato non verificabile).

- Un programma didattico rigoroso e a stadi di apprendimento (gradi, cinture colorate) che stimolino il raggiungimento di un traguardo, di un riconoscimento "sociale" nel gruppo.

- Formalità varie ed etichette sociali che rafforzino il senso di appartenenza o di presunta "spiritualità", "disciplina" e "rispetto" nella pratica.

- Riferimenti vari all' efficacia nella difesa personale e a tecniche rigorosamente "semplici e dirette", sottolineando la differenza da tutti gli altri metodi classici.

- Dichiarata apertura a tutti "dai 0 ai 90 anni" con particolare riferimento alle donne, possibilmente taglia 42, 90 di seno, in hot pants e con gli occhioni grandi grandi. Ovviamente under 40.

- Tecniche che si possano provare in assoluta collaborazione a prescindere dalla forma/abilità fisica per tutta la durata della pratica.

Ci sono personaggi che hanno preparato a tavolino tutto questo per poi presentarlo esattamente come ho indicato, e alcuni di loro ci hanno persino costruito piccoli imperi con essi a capo.
E il punto chiave di tutta la faccenda è che ci credono davvero.

Non si tratta di truffatori in senso stretto, nessuno è deplorabile per aver inventato qualcosa o per essersi dissociato da una pratica che non lo soddisfava più.
Quello che trovo di cattivo gusto è come al solito l' ignoranza unita all' arroganza nel porsi come novelli Leonardo delle arti marziali, pretendendo di aver creato (o riesumato) ogni volta un nuovo stile migliore di tutti gli altri.
Checchè se ne dica, perchè questi maestroni sono inevitabilmente dei falsi umili: si pongono così per alimentare l' immagine di persone per bene, ma in sostanza sottintendono che sia la loro l' arte marziale fatta come si deve, e siano loro ad esserne dei degni esponenti.
Spesso è la stessa ragione per cui raccontano di essersi allontanati dalla pratica precedente: la convinzione di aver capito di più, di saper fare di più e intrinsecamente... di meritare di più.

E in base a cosa ritengono che la loro creazione sia così diversa dal resto?
Anche qui purtroppo si tratta spesso di pura ignoranza e mancanza di esperienza.
Molte volte le loro considerazioni restano confinate nei limiti del mondo marziale che conoscono: abbiamo così karateka che hanno sempre visto e praticato il solo Karate, nel proprio orticello associativo, che "scoprono" la Kick Boxing e un giorno si inventano il Neo Karate Full Contact in cui non si facciano più Kata ma si meni al sacco e ai colpitori.
E già che va di moda, non avendo più limiti imposti, ci mettono anche qualche tecnica copiata migliorata dal Krav Maga per avere una sezione dedicata alla difesa personale da presentare alle ragazze in hot pants.

Sarebbe troppo onesto abbandonare il Karate per dedicarsi alla sola Kick Boxing.
E andare a praticare anche Krav Maga, dicendo poi di essere semplicemente un praticante di Kick Boxing e Krav Maga.
Questo richiederebbe anni di ulteriori allenamenti e farebbe perdere lo status di Gran Maestro, oltre a tutti i derivati socio-economici dell' avere una propria scuola originale.

Ma se uno è davvero esperto e ha anni di pratica in discipline diverse?
Come dicevo si tratta di giudicare con obiettività quale sia la disciplina creata e perchè.
Non so se mi spiego: fondare il proprio stile di Kung Fu non è un male. Si è sempre fatto.
Il problema nasce nel momento in cui, complice il mercato, la moda e l' "occidentalizzazione" del sistema, un esperto di Wing Chun e di Judo crei una nuova arte marziale che sia un mischiotto incongruo delle sue esperienze, confezionato alla maniera sopra descritta.
Il problema nasce quando uno che ha sempre combattuto sul ring pretenda di insegnare anche difesa personale, o uno che ha sempre praticato Taekwondo tiri fuori dal cilindro un fantomatico stile "antico" di Taekwondo di cui guarda caso solo lui abbia recuperato l' eredità.
Io parlo di personaggi che dopo pochi anni di pratica un giorno si svegliano quali esperti mondiali al punto da fondare nuovi sistemi, e del fatto che questi nuovi sistemi includano regolarmente anche tecniche o competenze non proprie delle discipline d' origine.
E la cosa assume connotati ridicoli quando il tutto viene farcito da moralità spiccia e pomposi proclama di correttezza, caratteristica tipica appunto delle AMT.

Detto questo naturalmente non escludo a priori che qualche novello inventore possa aver amalgamato in modo sensato le sue esperienze, o abbia un atteggiamento coerente con quanto voglia divulgare.
Ma a leggere ogni sito web non posso che dubitarne profondamente.
Ho ragione di credere che ogni maestro degno di rispetto, in questo ambito, non si pubblicizzi proprio e non insegni nemmeno in una palestra.

Ma anche in quel caso il delirio di onnipotenza potrebbe raggiungere livelli ai confini della realtà.
Ne parlerò nel prossimo intervento!

giovedì 14 novembre 2013

Extra - Aneddoto sui corsi di autodifesa

Anche frequentando una certa palestra da anni e trovandomi bene in questa non ritengo di essere legato a questa da potenze oscure e mistiche che mi possano impedire di andare a frequentare corsi in altre palestre o addirittura ritenere che il semplice fatto di essere incuriosito da altri corsi sia un gesto di lesa maestà verso il maestro.
Appunto per questo quando anni fa un mio amico mi chiese di andare a vedere un corso di Krav Maga, al quale si era unito da poco, accettai di buon grado.
Ricordo che il corso veniva descritto come di difesa personale, ma comunque mi sorpresi di trovare della “gente comune” in sala.
Non mi immaginavo frotte di atleti scolpiti a mò di David di Donatello, ma mi sorprese in particolar modo trovare ad esempio una signora over 60 e una ragazza, usando un eufemismo, non proprio in forma che poi scoprirò essere la compagna del maestro.
Non che ci sia niente di male in questo, ma ai tempi il Krav Maga era poco conosciuto, le scuole stava spuntando come funghi un po’ come quelle di MMA oggi, e quel poco che si sapeva era che questa fosse un’arte marziale inventata dai militari israeliani, che fosse cazzutissima e che i discenti di Abramo la utilizzassero per annichilire i tostissimi avversari in guerra.
Io oltretutto essendo un appassionato di storia forse rimasi colpito da queste descrizioni memore della guerra che vinse Israele contro i paesi arabi.

Il corso inizia e noto che invece di un normale “riscaldamento” vi è una specie di ginnastica a corpo libero, non ricordo neanche che vi fosse una corsetta blanda.
Insomma non veniva allenato il fiato e non si vedeva una goccia di sudore.
Neanche per la vergogna di un riscaldamento tanto inefficace.
Vabbè, supero le perplessità e cerco di mantenere la mente aperta mentre a più riprese la signora un po’ anziana, mi si avvicina e mi parla bene del corso e della sua esperienza lì come allieva.
Comincio a vedere un po’ di “allenamento serio”: vengono provate per tutta la lezioni delle tecniche, non esistono protezioni di alcun tipo, neanche un paio di calzini in più contro il freddo.
C’è di conseguenza un blandissimo contatto fisico e i colpi portati non sono efficaci in quanto ci si ferma un attimo prima di toccare l’avversario.
Inoltre uno di questi atleti più giovani (forse appena sotto la trentina) pur portando dei colpi dove si doveva fermare o  comunque controllare faceva delle facce degne di un film di guerra.
Mentre simulava queste tecniche, che prevedevano tra l’altro pollici nei bubli oculari del compagno di corso, era impossibile non notare una faccia incazzata come se avesse scoperto la sorella a letto con due bei tartufoni, una bocca digrignata e il tutto coronato da un urlo.

Ecco quest’ultima cosa mi colpì molto.
In qualsiasi palestra seria di AMT e SDC ti insegnano (o dovrebbero farlo) a mantenere la calma e la lucidità.
Chi la perde ormai non pratica più una disciplina, ma è preda delle emozioni e quindi può sbagliare molto più facilmente.
Qui non stiamo parlando di non farsela nelle mutande se un branco di energumeni incazzatissimi armati di mazze, bastoni, catene e palle chiodate sta correndo contro di voi che magari siete con la fidanzata e vi preoccupate oltre che per le botte anche della figura necessariamente di merda che farete agli occhi della vostra bella nel momento in cui vi troverete tra le fauci di cotali mostri.
Qui parliamo di un giovane uomo che, mentre si approccia ad una disciplina in una maniera sbagliata, trova un maestro che lo guarda soddisfatto e non gli dice “ma che cazzo ti urli”.

Una piccola diversione sulle“urla”: a volte è necessario emettere dei suoni.
Chi avesse visto ad esempio gli ormai diffusissimi video di un combattimento o allenamento di muay thai tra thailandesi avrà sentito il classico urlo “OOEEEE” o “IIIAAII” (poi ognuno fa un po’ a modo suo).
Quello non è un urlo di guerra per spaventare i fantasmi della propria fievole mente tipo il bullo che ti picchiava da piccolo l’altleta o, similmente ad alcune popolazioni africane, per far dare un segnale sonoro alle palestre vicine per far capire che voi stai facendo sul serio.

Quel suono ha una “codificazione”: ad esempio nella Muay Thai viene definito “kiai” e serve per la respirazione… però… un conto è farlo perché stai facendo le ripetizioni esplosive di calci medi ai Pao (i cuscini ) e un conto è farlo mentre stai semplicemente provando una tecnica!
È inutile ed è solo un modo onanista e autocelebrativo con il quale ti senti più cattivo… e a dirla tutta è anche un po’ idiota tanto quanto i guerrieri marziali dei cartoni animati che urlavano il nome della combinazione di colpi mentre la stavano eseguendo.

Torniamo a noi, ancora non me ne vado dalla palestra e cerco di rimanere pensando che quello appena visto sia un caso isolato, e almeno quel giorno infatti lo era e ancora non capisco come a questo tipo non sia venuto nessun dubbio visto il fatto che stava urlando solo lui… ma tant’è.

A quel punto cerco di farmi coinvolgere nell’allenamento al quale fino ad ora ero stato solo spettatore.
Il maestro l’avevo salutato all’inizio, ma poi (anche giustamente) si stava occupando dei suoi allievi, mi si avvicina quindi la fidanzata.
Mi spiega le basi del Krav Maga facendomi venire a conoscenza che una tecnica fondamentale del Krav Maga, che pare venga insegnata fin da subito, è quella del Blitz.
Blitz è una parola di origine germanica che significa fulmine/lampo e pensandoci adesso mi sorprendo come questi israeliani abbiano messo da parte il “rancore” e utilizzino per la tecnica nazionale di lotta parole in lingua tedesca.
Insomma il Blitz prevede che l’avversario venga colpito il più velocemente possibile e per farlo non importa che il primo colpo sia necessariamente efficace ma deve essere portato con l’arto del corpo più vicino all’avversario.
Mi viene detto che questo serve perché l’avversario non si aspetta il colpo e quindi già per il fatto che lo colpisci lo sorpendi.
Sarà invece il secondo colpo quello efficace.
A quel punto le mie perplessità aumentano a dismisura e non riesco a trattenere una domanda: “Scusami se mi permetto, ma queste sono tecniche di lotta che usa l’esercito israeliano giusto? Ma che senso ha allora sorprendere l’avversario? un soldato israeliano se attacca un altro soldato lo deve fare subito in maniera efficace perché anche lui si sarà addestrato no? In questo modo gli si dà solo più tempo di reagire dopo un colpo non efficace e magari è pure armato!”.
Durante la risposta non potei far a meno di vedere una specie di sorriso che non capii se era per l’imbarazzo o per il fatto che mi considerasse un profano, ricordo comunque di non aver ricevuto una risposta esauriente anche perché mi ripeteva cose già dette prima e sembrava un po’ come stesse cercando di convincermi e non di spiegarmi…. Alla fine mi sono detto che questi israeliani, con tutto il rispetto, erano un po’ stronzi perché una tecnica di lotta così non è efficace contro altri soldati e se era vero quanto mi fu detto mi ero allora convinto che venisse utilizzata contro civili e non contro militari. 

Perché è importante questo? 

Perché un corso che si descrive come corso di autodifesa come fa ad insegnare ai propri allievi una cosa come il blitz?
In pratica incoraggia ad attaccare per primo perché sennò che senso ha “blitzare” l’avversario (scusate ci ho preso gusto) se è lui che ti attacca per primo.
Nessuno se non quello di farlo incazzare ancora di più.

Ho aspettato la fine della lezione non volendo mancare di rispetto.
Le ultime due cose che mi sorpresero furono che alcuni degli allievi erano stati selezionati (già in precedenza) per l’allenamento a casa dell’istruttore e che ho visto un coltello di gomma che quel giorno comunque non fu utilizzato, ma ho avuto conferma che lo fosse… Mentre la prima cosa è accettabilissima, anche se al profano deve cominciare a dare un po’ l’idea dello “spirito” di molti istruttori di AMT, la seconda per me è inconcepibile.

Mettetevelo bene in testa, soprattutto chi ha iniziato o vuole iniziare corsi di autodifesa: NON esiste difesa veramente efficace da un coltello.
Con tutto rispetto parlando non si può insegnare alla signora anziana o all’uomo di mezza età con la pancetta a disarmare una persona con un coltello.

I casi sono due.
Chi attacca con un coltello lo fa per minacciarvi o per tentare di uccidervi.
Se vi minaccia potete sempre tentare di darvi alla fuga, mente se lo fa per ferirvi purtroppo non c’è scampo.
Tristemente i corsi di autodifesa negli anni hanno fatto credere che, come nei film per bambini stile “I nuovi mini ninja”, esista un killer pirla e tontolone tiratore di goffe coltellate singole.
Mentre invece viene mostrato l’impavido “atleta” che con movimenti neanche molto semplici blocca la coltellata e magari riesce a girare la lama verso l’avversario.
Ecco, questo è esattamente quello che non avviene se subite un’aggressione all’arma bianca.
Chi vi aggredirà è altamente probabile anche che lo farà venendovi di fianco o alle spalle, buttando il peso del corpo in avanti e sferrerando una serie di coltellate velocissime… e non una singola coltellata alla moviola  e alla cazzo di cane.
Facciamo comunque finta che il maestro della palestra “Krav Maga del cazzutissimo israeliano” vi abbia insegnato con un roboante colpo di culo proprio la tecnica che l’aggressore utilizza per attaccarvi.
Nel migliore dei casi non potrà andare tutto liscio come l’olio e magari pur avendolo disarmato o messo in fuga vi ritroverete una lacerazione e tagli di svariati centimetri e starete perdendo una discreta quantità di sangue… e sarà quando vi metteranno i punti all’ospedale che penserete “ma non era meglio scappare?”.

L’unica utilità di un corso di autodifesa è quella di far crescere la propria autostima e la propria sicurezza.
Ed è proprio qui la fregatura: viene fatto credere di saper fare una cosa che in realtà non si è in grado di fare.
Quindi si viene portati, anche senza rendersene conto, a correre più pericoli di prima.
Non parlo di qualche sguardo di sfida in più lanciato al semaforo tanto per innescare una gara alla Fast and Furious, ma parlo del semplice non cambiare strada quando vedi un brutto ceffo o del rispondere a tono in direzione del provocatore di turno “perché tanto io so come dargli una lezione se ce ne dovesse essere bisogno”.
Tantissime volte il tutto sta nel prevenire, nel non rispondere alla provocazione.

Usare la forza fisica è l’arma estrema!
E dico arma non a caso perché con un’arma fai male e TI puoi far male.
Proprio perché la considero un’arma mi sono fatto delle domande dalle quali ancora non sono uscito: è giusto dare un’arma alle persone indifese che hanno paura di essere minacciate con quella stessa arma?
Bhe tecnicamente sì… ma chi mi dice che queste persone indifese non diventeranno aggressori a loro volta o che comunque non siano perfettamente in grado di utilizzare quell’arma in caso di difesa? Nessuno..
Bhé allora è meglio che nessuno abbia un’arma!?!? Tecnicamente sì, ma praticamente qualcuno ce l’avrà sempre quindi tanto vale essere armati no? BOH! e allora come si fa?
Su questo non ho una risposta e negli anni ho ovviato a questo usando la testa ed evitando a priori tante situazioni e non pensando “visto che pratico SDC mi posso permettere di fare la voce grossa con i prepotenti”.

Non ha bisogno di pubblicità e di certo non ho voglia né intenzione di fargliene.
Una persona che ho avuto la possiblità di vedere dal vivo e che può vantare un palmares invidiabile nel mondo del full contact un giorno disse : “se vogliono fare a botte girate le spalle e andate via, se vi minacciano con un coltello scappate il più in fretta possibile e se vi minacciano con la pistola…” a quel punto si girò di spalle e mimò il gesto di abbassarsi i pantaloni. 

MK

 
Ho pubblicato per intero (e senza correzioni ;-) ) la testimonianza e le osservazioni di "MK", utili come ulteriore punto di vista sulle modalità di insegnamento diffuse e ciò che non viene detto a riguardo.
Faccio giusto qualche osservazione, anche per MK.

- Nella Muay Thai il famoso "OEEE" è gridato dal pubblico per incitare gli atleti e "rimarcare" i colpi che sono andati a segno.
Gli atleti quando colpiscono, soprattutto in allenamento, usano altri tipi di "suoni" ed espirazioni utili per favorire la corretta respirazione durante un gesto e a volte anche solo per darsi una carica.
In ogni caso è scorretto definirli propriamente "kiai", che è una parola giapponese legata alle relative discipline.
Ovvio che in sostanza si stia parlando della stessa cosa.

- La faccenda del "Blitz" porta con sè varie osservazioni.
Credo di aver inteso il senso del tuo ragionamento: perchè in un corso di autodifesa dovrei studiare tecniche che prevedano di attaccare per primo?
E' vero, ma non bisogna nemmeno cadere nell' errore tipico dell' Aikidoka che pretende di apprendere solo tecniche di difesa, di reazione ad un' azione, finendo per prendere un sacco di botte perchè se ne sta in attesa di intercettare il colpo.
In fondo se la difesa personale efficace prevede anche l' eventualità che sia io ad attaccare per primo (davanti ad un aggressore che incombe), è corretto che si studi questa tecnica.

Tuttavia questo apre la solita osservazione riguardo al fatto che non si tratta di alcuna tecnica militare, il contesto è chiaramente diverso.
Dubito fortemente che un soldato israeliano si trovi per strada a doversi difendere da un palestinese che gli vuole rubare la borsetta...
E questo fa cadere un pò tutto il corollario di mimetiche, presunti colonnelli ed istruttori di "corpi speciali" e così via.
Lo ribadiamo di nuovo: i soldati, oggi, vanno in guerra in squadre organizzate, seguendo missioni ben precise e armati fino ai denti.
Non girano di notte per le strade di Baghdad in minigonna e con lo sguardo perso mentre chiaccherano al cellulare...
Non c'entrano veramente niente con i civili.

I sistemi di difesa personale non sono sbagliati in sè, anzi, ma è il modo in cui vengono insegnati e il target a cui si rivolgono ad essere più che criticabili.
Il guaio è che la gente comune, in virtù della loro specificità, vi si affida con uno spirito ancora più credulone rispetto ad un corso di CinCiunChan, dove spesso si pratica nella consapevolezza di voler solo fare ginnastica o mimare l' uccello del Paradiso che volteggia nelle pianure del Sichuan.
E purtroppo l' argomento trattato non ammette errori, non è possibile saper fare "un pò" una tecnica: quella volta che serve dovrà riuscire e basta.

E sfido la signorotta ad applicare con successo il Blitz al tizio che l' avvicina di notte...
Sarebbe più corretto dirle "A signò, se prenda er Techno Vikingo come boddigar e stà tranquilla"...

mercoledì 13 novembre 2013

Extra - Intro

Intro
Salve, ho il piacere di poter scrivere qui grazie al propretario del blog e mi sembra doveroso chiarire alcune cose.
Le ragioni di questa mia scelta è data dalla volontà di dare un’informazione riguardo AMT e SDC il più ampia e corretta possibile soprattutto per chi si vuole approcciare o si sta approcciando da poco a queste discipline.
Ritengo interessante anche confrontarmi con persone che abbiano una visione già più ampia e con meno paraocchi e spero di incontrarne anche se dopo tanti anni fino ad oggi ho trovato solo una persona che dopo aver fatto un passaggio da AMT a SDC è riuscita ad avere una visione più ampia del tutto.
Una domanda comprensibile potrebbe essere “perché scrivi su un blog non tuo?”.
Lo faccio perché la persona citata che ritengo aver incontrato è proprio l’autore di questo blog e perché mi sembra assurdo dover creare più centri di dibattito quando meno ce ne sono e meno è chiuso il confronto.
Mi sembra doveroso sottolineare anche che la possibilità che mi è stata data non è stata frutto di “io ho le idee uguale identiche alle tue” o avergli donato in sacrificio il mio primogenito maschio, ma lui stesso ha pensato fosse opportuno darmela dopo un confronto che ha visto tra l’altro un rifiuto iniziale.
Ovviamente non tutto quello che scriverò verrà necessariamente pubblicato perché giustamente sarà l’autore a decidere l’opportunità di farlo: non perché vedo lui come il caporedattore supremo del mio pensiero, ma perché magari ho scritto qualche fregnaccia (sono umano anche io) o qualcosa non particolarmente degna di nota.
Spero quindi di aver scoraggiato dall’inondare di richieste simili alla mia le seguenti categorie :

1) bimbetti incazzati con il mondo, ma che negli ultimi 5 minuti sono incazzati con qualcosa o qualcuno nel mondo delle AMT o SDC.
Questa categoria se ignorata dopo ulteriori 5 minuti sposterà l’odio verso altri lidi tipo il professore che gli ha messo 4 oppure il tizio che l’ha guardato storto mentre usciva dai bagni del liceo.
2)troll che si voglio ergere ad articolisti.
3)Santoni o adepti di tali che cercano di redimere il prossimo e magari l’autore del blog.
4)Agenti della NSA
5) Fidanzate gelose ed ossessive.
Ok può sembrare fuori luogo, ma una volta dopo che ho aperto un blog una mia adesso ex ed allora fidanzata per controllarmi si iscrisse sotto falso nome e simulando una falsa identità ha instaurato con me per ANNI una corrispondenza virtuale.
Nel frattempo la stessa si è data da fare sottraendomi, subdolamente e a mia completa insaputa, varie password con le quali controllava le mie attività online.
Sono esperienze.
Cercate di capire anche che questo post non è scritto dall’autore del blog, ma da una terza persona quindi evitiamo di fare  uscite verso l’autore del blog  tipo “GNE GNE l’altra volta avevi detto in un altro modo sei un pirla che si contraddice indi per cui non sai di cosa parli”.
Ripeto sono un’altra persona ho un’altra entità corporea e ho pensieri diversi dall’autore del blog e se vogliamo proprio essere zelanti con una punta di rompicoglionismo avanzato in realtà nessuno ha un pensiero identico ad un altro.
Scriverò presto, un saluto
MK

domenica 3 novembre 2013

Aggiornamento dei vecchi post

E' da qualche tempo che sto intervenendo per modificare i vecchi post, in particolare quelli più vecchi, per apportare necessarie correzioni.

Parlo di correzioni grammaticali, nella formattazione e nell' esposizione di alcuni concetti, non nei contenuti che sono rimasti invariati.

I primi post erano infatti scritti senza rilettura e con un tono che ora ritengo troppo colloquiale: rileggendone qualcuno mi sono reso conto di strafalcioni nei congiuntivi (sorry!) o frasi un pò troppo difficili da comprendere.
In alcuni casi ho integrato con dei nuovi paragrafi per chiarire meglio un significato, anche perchè spesso finivo per divagare perdendo di vista il topic dell' intervento.
Al momento ne ho comunque ancora parecchi da correggere.

Scrivo questa nota di aggiornamento anche per sottolineare che il blog è fatto soprattutto dai post iniziali, nei quali spiego la mia posizione in modo chiaro.
Provocatorio e spesso volutamente caricaturale ma chiaro, se si ha voglia di leggerli tutti e con spirito.

mercoledì 16 ottobre 2013

10 cose che non avrei mai scoperto continuando a praticare arti marziali "tradizionali"

Se guardo indietro al mio passato mi accorgo di una serie di cose che continuando a praticare quel tipo di arti marziali non avrei mai scoperto.
Alcune di queste riguardano questioni di correttezza, onestà e verità oggettiva; Ma altre, più gravi, riguardano la percezione di quello che facevo e delle mie potenzialità.
Vediamone alcune:

1) I miei colpi erano veramente deboli
Ricordo come se fosse ieri la prima volta che partecipai ad un allenamento di Muay Thai e il modo in cui l' istruttore mi fece notare che i miei pugni erano scarsissimi.
Io ero sicuro di tirare delle bordate micidiali, mi ero (e mi avevano) convinto che con tutti gli anni passati a mimare colpi nell' aria, curando in modo maniacale la posizione e con il busto immobile, i miei pugni fossero perfetti e capaci di sfruttare "l' Energia Interna".
E invece contro un bersaglio vero erano poco più che buffetti, soprattutto se paragonati alle cannonate degli altri ragazzi.

2) La mia forma fisica era scadente
Badare, non sono mai stato un obeso nè mi sono mai lamentato per gli allenamenti "duri".
Solo che un allenamento "duro" non sapevo nemmeno dove stesse di casa.
Credevo di essere allenato perchè sapevo fare piroette, lunghe forme di posizioni senza fermarmi e reggevo senza problemi sessioni di ben trenta piegamenti sulle braccia quando i compagni crollavano.
Quando iniziai a fare sul serio ricordo come a metà allenamento la testa iniziava a girarmi, come dovevo rinunciare agli sparring per mancanza di fiato, e come dopo cinque minuti di corsa vera ero costretto a camminare per non morire lì in strada.

3) L' aggressività ti fa vincere
Ero talmente intriso di buoni valori, parabole su saggi orientali pacifisti e condizionamenti psicologici sull' autocontrollo che davanti ad un avversario aggressivo, cattivo, andavo in panico rifiutando proprio lo scontro violento.
Ero talmente saturo di tecniche e stretegie basate sul contrattacco che finivo per prenderle semplicemente perchè restavo in attesa di intercettare i colpi dell' altro.
E mi incazzavo pure perchè tutte le mirabolanti difese che avevo studiato non funzionavano di fronte ad una gragnuola di cazzotti quasi scoordinati.

4) La lotta è efficacissima
In tutti gli anni passati nelle AMT ricordo che non si sia mai parlato dell' importanza di saper lottare in un combattimento "libero": veniva dato per scontato che il combattimento fosse tutta una questione di striking, coadiuvato al massimo da qualche proiezione o sgambetto.
Il bello è che una parte del programma tecnico verteva proprio su tecniche "lottatorie", ma studiate in modo inutile e collaborativo, solite tecniche numerate che dovevano apparire bene per l' esame.
Zero applicazione e soprattutto... Zero possibilità che quella roba riuscisse per davvero.
Tecniche che oggi mi farebbero sanguinare gli occhi da quanto siano assurde e basate sul niente.
Oggi so che dopo 4-5 mesi di allenamento lottatorio ero già in grado di finalizzare, per davvero, gente molto più grande e pesante di me.


5) La lotta è divertentissima
Inutile dirlo, non mi sono mai divertito tanto nell' allenarmi come da quando lotto.
La mia concezione della pratica marziale era limitata alla ripetizione nauseante di forme ed esercizi, ricordo che nell' ultimo periodo di AMT mi demoralizzavo all' istante non appena il maestro ci diceva di provare gli esercizi a coppie.
Praticamente andavo in palestra per imparare delle recite, lo sforzo maggiore riguardava la memoria pura e semplice.
Scoprire un allenamento realmente attivo e dove si possa "inventare" una soluzione diversa ogni volta è stato una liberazione enorme.

6) Ci sono poche tecniche buone e migliaia cattive
Lo so è scontato, ma devo ribadire che solo praticando per un certo periodo e con impegno arti funzionali si riesce a comprendere l' assurdità che sta dietro a decine di arti marziali.
Io ero assolutamente convinto di quello che praticavo in precedenza, e quando non lo ero avevo ancora un sacco di giustificazioni per dargli un senso.
E' tipico.
Poi ti rendi conto che c' è una ragione se le arti funzionali convergono verso le stesse tecniche e gli stessi metodi per allenarle, senza tirare in ballo astrusi principi o metodi segreti.
Esiste un modo migliore, ottimale, per raggiungere un obiettivo.
Ed esistono cose che si possono o non si possono a fare, punto.

7) La difesa personale è un argomento complicatissimo e i maestri non ne sanno nulla
Su questo non transigo: nelle AMT vengono raccontate una quantità abnorme di cazzate su questo argomento, e nessuno ripeto nessuno tra tutti i maestri che ho incontrato in più di 20 anni di pratica e seminari sapeva veramente di cosa stesse cianciando.
Tutti sono concentrati sulle tecniche del proprio stile, farfugliano qualche ovvietà di buonsenso per sembrare competenti e saltano a piedi pari tutto ciò che viene prima (e che al contrario fa la differenza).
Oggi, con la diffusione del Krav Maga in varie salse e metodi affini, improvvisamente si mettono a parlare anche loro di scenari, tecniche essenziali, psicologia, etc. senza però averne alcuna competenza reale.
Ma non si faceva l' arte marziale che "fin dall' antichità viene usata a scopo difensivo"?

8) Sono portato per fare delle cose e non per altre
E non sto parlando di riuscire a fare la tal piroetta o la forma di posizioni, parlo sempre di sfruttare al meglio le mie attitudini in un contesto credibile.
Nelle AMT si finisce per dare per scontato che pugni, calci e prese vengano più o meno bene a tutti, del resto... basta saperli applicare, no? (adoro questo ritornello)
E invece ognuno ha i propri punti di forza e di debolezza, ma sono molto più sottili del semplice essere più veloci, più agili o più grossi.
So quali sono i miei colpi buoni perchè li provo sul serio; Elaboro attivamente le mie personali strategie di attacco e difesa perchè mi confronto; So che alcune tecniche mi riescono ed altre no, nonostante le alleni allo stesso modo.
Solo provando, e con gente diversa, puoi esprimere il tuo vero potenziale ma anche scoprire cosa è meglio che tu non faccia mai.

9) Le botte, diamine, LE BOTTE!
Anche questa potrebbe sembrare un' ovvietà ma purtroppo non lo è: quando sei abituato da anni a recitare scene di dolore o colpi "risolutivi", finisci per dimenticare cosa significhi provare dolore vero o... procurarlo ad altri per davvero.
Sempre che tu lo abbia mai testato.
Si scopre che un solo cazzotto a segno ti scombina; Oppure, al contrario, scopri di riuscire a sopportarne molto più di quanto pensassi.
Scopri che tutte le parate elaborate che si vedono nelle esibizioni sono pura fantascienza, pura recita coreografica, e allo stesso modo quei modi curiosi di colpire (proprio quelli che trovavi tanto spettacolari e affascinanti) sono pura idiozia biomeccanica.
Le botte fanno male, cazzo!

10) Niente è degno di essere idolatrato
Quando ero immerso nella "setta" era normale continuare a parlare dell' arte marziale, ricondurre ai suoi principi ogni avvenimento della vita, cercare sempre una spiegazione per sostenere le sue verità, le sue tecniche o i suoi esponenti.
Il maestro si rivolgeva ai discepoli (argh) come un padre amorevole, ed essi gli porgevano il deretano con un sorriso.
Sempre con sta cazzo di storia della "grande famiglia", della Via da percorrere per la Vita, degli insegnamenti di saggezza, degli antichi cinesini che sapevano già tutto e lo celavano ai "truzzi minchia porcoddue"...
Quando ci sei dentro ti sembra tutto giusto e, ahimè, assolutamente normale.
Solo insinuando il seme del dubbio riguardo a tutte le questioni ho potuto liberarmi di quelle suggestioni e atteggiamenti.
Rendendomi conto che oltre a tutte le assurdità tecniche c' erano soprattutto una marea di incongruenze etiche e comportamentali.
Le tecniche che studiavo da anni si sono rivelate tempo perso, approssimative, inapplicabili quando non proprio dannose;
I maestri si sono rivelati dei bugiardi, compiendo atti contrari alla morale che andavano divulgando;
La stessa arte marziale si è rivelata una baggianata, venduta come antica e originale mentre si trattava di un' elaborazione totalmente libera di quattro gatti;
A pagarne le conseguenze tutti gli allievi, quelli di grado più basso, quelle persone che si appassionano di questo genere di arti marziali con ingenuità e tutte le buone intenzioni, finendo per alimentare il meccanismo che pian piano li rende succubi del sistema settario, buonafede o no.

Ogni volta che faccio questo genere di considerazioni mi immagino i lettori, praticanti di AMT, che si mettono sulla difensiva ritenendo la mia un' esperienza estrema, un caso tipico di marzialista deluso perchè capitato nella piccola scuola del cazzaro di paese, che ha fatto allenamenti improvvisati, con tecniche imparate su YouTube, per l' associazione "mondiale" formata da tre palestre in tutto.

Devo quindi ripetermi, non è affatto così: ho la passione per le arti marziali fin da bambino, ho divorato con genuino interesse ogni informazione a riguardo, ho spaziato in diversi stili e partecipato attivamente ad ogni genere di stage per anni, con costanza.
Gli stili che ho praticato sono ben conosciuti e diffusi, alla stessa maniera, in tutto il mondo, con organizzazioni solide e maestri stimati.
Senza contare tutte le storie che mi hanno raccontato altre persone, di altre scuole, e tutto ciò che leggo da anni in forum italiani e non.
Insomma, ho buone ragioni per non ritenere un caso isolato ciò che ho passato io, nè la mia pratica così blanda e singolare.
Sono sicuro che tra i cultori delle Arti Marziali "Tradizionali" ci siano persone validissime e che si allenano da sempre in modo esemplare: ma quelle sono mosche bianche e hanno comunque i loro scheletri nell' armadio, come tutti del resto.
Ognuno può giudicare la propria realtà da solo e decidere se stia facendo le cose per bene e con onestà.

Io ne ero convinto...
Poi mi sono svegliato.

lunedì 14 ottobre 2013

Il mio Jeet Kune Do è quello vero, il tuo no! Gnè gnè!

Sto seguendo con sincero senso di disgusto l' ennesima discussione tra praticanti di Jeet Kune Do, il noto "stile non stile" ideato da Bruce Lee.
Tutto nasce dal video pubblicato da un ragazzo inerente una sua esibizione della tal disciplina: si vede questo sedicente istruttore (lui stesso) presentare tecniche più che discutibili, in modo più che discutibile.

Potrei già fare molte considerazioni a riguardo, giacchè nel video vedo un ragazzo impacciato che pretende di insegnare cose che probabilmente nemmeno lui conosce per davvero.
Non si venga a dire che "non si può sapere", che sia solo un' esibizione base per un pubblico di ignoranti: il livello è palesemente basso, lo si percepisce dal modo in cui si muove; E considerando che molta gente bravissima a muoversi e presentare non sia comunque in grado di applicare ciò che insegna, abbiamo un' idea di quanti istruttori di basso livello ci siano in giro.

Ma non è di questo che volevo parlare, anche perchè il ragazzo si era posto con una certa apertura alle critiche.
Quello che mi ha davvero disgustato (ma anche fatto sorridere, lo ammetto) è la reazione dei suoi "colleghi" praticanti dello stesso famigerato stile.
Ho accennato in altri post di come il JKD sia ad oggi una specie di calderone in cui possano rifugiarsi tutti quelli che vogliano fare un pò quel cazzo che gli pare.
Ma il bello è che ognuno di loro è assolutamente sicuro di praticare "nel modo giusto" (ricorda nulla questa asserzione?), è convinto di avere la chiave di lettura per interpretare il lascito di Briuuuus Liii...
Gli altri istruttori, spesso altrettanti ragazzi dalle dubbie qualità, si sono subito accaniti dicendogli che il suo non è affatto JKD, che nel suo video non se ne veda nemmeno l' ombra.
Qualcuno gli ha persino augurato di conoscere un vero maestro che gli possa insegnare nel modo giusto e c'è da scommettere che quel modo sia il proprio.
E' un pò come darti un calcio nel culo e una carezza sulla guancia, ti dico che sei un incapace deficiente ma lo faccio per il tuo bene, per mostrarti la Vera Sapienza!

E scommetto anche che la ragione di questo accanimento derivi proprio dal basso livello del ragazzo, che mima calci e pugni come nella peggiore tradizione da "difesa personale per donne".
La sua prestazione scadente ha disonorato l' immagine del JKD! La gente potrebbe pensare che Briuus Lii divulgasse tecniche recitate come quelli del Karate!

Aggiungerei che la cosa abbia indispettito soprattutto quel genere di appassionati che, al contrario, praticano il JKD in tutina giallo-nera, saltellando sulle punte mentre frustano colpi ed emettono miagolii: se vuoi fare il vero JKD devi emulare il tuo eroe o non se ne fa nulla!

Mi soffermo a pensare, di nuovo, a quanto sia stato fortunato nell' uscire da questo tipo di ambiente, quello delle arti marziali con i maestri unici depositari del vero stile.
Quelle arti marziali in cui ti restino sempre dubbi su chi faccia quello vero, su chi abbia interpretato al meglio la tal tecnica o parola.
Nel caso del JKD, un ambiente in cui ogni praticante, dal bimbominchia che si autoriprende in camera quando la mamma è a fare la spesa, all' esaltato che si autoriprende in garage mentre mena dei novellini "per insegnargli", si consideri "maestro di sè stesso".
Praticano tutti qualcosa di non ben definito, diverso da palestra a palestra, ma pretendono che sia il loro quello buono, giudicando con sufficienza ciò che fanno gli altri.
Hanno come riferimento massimo un attore degli anni '70, e da lì in giù una serie di personaggi che a loro volta si guardano in cagnesco e si mal considerano a vicenda, non potendo però spiegare il perchè giacchè nessuno possa dimostrare di praticare ciò che intendeva il capostipite.

Quelle arti marziali in cui viene stravolto tutto ciò che davi per assodato se solo cambi palestra, in cui dopo anni di pratica potresti trovarti col dubbio di non aver mai praticato nel modo corretto.
Ma ecco che qualcuno arriva e ti indica il Vero Maestro "che ha capito", che durante uno stage di tre ore ti spiegherà qualche tecnica (e tu carpirai tutto lo stile) pagandogli profumatamente anche la bellissima t-shirt col Logo Autentico della sua scuola, rendendoti un praticante esperto.

Ben felice di esserne fuori...

lunedì 7 ottobre 2013

La Cintura Nera: insomma, ha un valore o no?

Mi sono accorto che il sito del mio vecchio maestro non è più online.
Già in precedenza vi ero capitato (dopo qualche ricerca mirata, non lo nego) e sarebbe stato un pozzo senza fine da cui pescare per gli articoli di questo blog, tali e tanti erano gli strafalcioni e le assurdità lì scritte.
L' ho cercato ultimamente per vedere se ci fossero delle novità e invece non esiste proprio più.

Tra le varie ipotesi esiste anche quella che abbia deciso di abbandonare del tutto l' insegnamento, che il corso non esista proprio più.
Mi sono immaginato la scena in cui diceva agli ultimi discepoli che il corso avrebbe chiuso.
Sono cose che capitano, per le ragioni più disparate e non necessariamente per un cattivo insegnamento.
Però la mia riflessione riguardava un altro aspetto della cosa: io so che una buona parte di questi suoi ultimi discepoli avevano ottenuto da tempo il tanto decantato grado di Cintura Nera, e successivi Dan.

Sulla carta quindi dovrebbero essere non dico dei maestri, ma comunque gente con una competenza di alto livello, inequivocabile.
E invece io ricordo che ai tempi erano persone normalissime con abilità e attitudini perfettamente in linea con quel tipo di pratica, ovvero tutto fumo e niente arrosto.
E lo dico senza offesa, ma la stragrande maggioranza dei praticanti di quel tipo di stili sono tutti concentrati nel ricordare forme ed esercizi estetici, balletti cinesi, invece che preoccuparsi della loro applicazione.
Insomma dai, senza voler offendere nessuno penso sia evidente quando uno è interessato ad applicare tecniche di combattimento e quando invece vada in palestra solo per fare ginnastica.
Per hobby nudo e crudo.

Non ho nessuna ragione di credere che quelle persone siano diventate dei mostri del combattimento, mi ci gioco qualsiasi cosa.
E aldilà dell' importanza che questo possa avere, il punto a cui voglio arrivare è un altro:

La Cintura Nera ottenuta dopo anni di pratica in un' arte marziale, attesta le abilità del praticante oppure no?

Il luogo comune lo conosciamo tutti, una Cintura Nera è un esperto, uno capace, uno che "sa difendersi"... uno che conosce e sa applicare le tecniche di combattimento che ha studiato per anni, e lo sappia fare in maniera esemplare.

E invece quando pratichi questi stili e ti avvicini al tanto agognato traguardo ti viene inculcata l' idea che la Cintura Nera in realtà non significhi nulla, che sia al contrario solo il punto di inizio della pratica.
Ti viene detto che la Cintura Nera attesti soltanto la conoscenza delle basi della tua arte marziale, e che il vero lavoro (e conseguenti abilità) inizi proprio adesso!

La gente fuori da quell' ambiente è convinta che ora tu sia un temibile esperto di arti marziali;
Il tuo maestro e i tuoi "superiori" ti dicono con un sorriso che ora puoi iniziare a capire e studiare sul serio.
Tu ti rendi conto che tanto eri pippa (o abile) prima quanto lo sei adesso, pur indossando un pezzo di stoffa diverso.

Io vorrei fare qualche osservazione a riguardo, perchè anche questo argomento è spesso malinterpretato o strumentalizzato, nell' ambiente, a seconda di come faccia comodo.
E per farlo prenderò ancora una volta esempio dalla miriade di altre pratiche umane, meno intrise di cazzate mistiche e giri di parole.

Volenti o nolenti, il grado di Cintura Nera ha un significato: lo ha fin da quando è stato inventato, quale che sia stato il suo contesto originario (ci sono vari racconti a riguardo).
E senza girarci tanto intorno il suo significato attesta l' esperienza di quella pratica.
E dal momento che le arti marziali trattano di tecniche di offesa/difesa (continuerò a ripeterlo fino alla nausea), esserne un esperto deve attestare la tua capacità di metterle in pratica.

Poi possiamo discutere sul fatto che ci sia sempre qualcuno più o meno bravo nel farlo, come in tutte le cose: ma nel momento in cui ottieni un riconoscimento di "alto livello" si da per scontato che tu sappia bene cosa fai e come farlo.
Si dovrebbe, almeno.

Veniamo al paragone.
L' uomo può praticare migliaia di attività, di qualsiasi genere: si può andare in motocicletta, si può disegnare, si può suonare uno strumento, si può ballare e così via.
Ciascuna di queste attività deve essere appresa a vari livelli, nessuno la sa fare ad alti livelli senza averci studiato sopra e dedicato centinaia e centinaia di ore di PRATICA.
Nella maggior parte di esse non è prevista alcuna "gerarchia" ma se lo fosse, se per ipotesi potessimo parlare di "Cintura Nera di... pianoforte", sarebbe scontato aspettarsi un livello di maestria evidente in chi possieda questo titolo.
Non che debba essere un novello Mozart: ma che sappia suonare il pianoforte senza difficoltà, sì.

Alla stessa maniera per cui un Laureato non è automaticamente un professionista, ma si da per scontato che certe nozioni e capacità di sfruttarle le abbia.
Il suo sarebbe solo un problema di poca esperienza sul campo.

Ma il marzialista?
Lui non pratica fin dalla prima lezione qualcosa di molto più pratico?
Non ha mica studiato sui libri e fatto qualche test in laboratorio: nel corso di svariati anni è sempre andato in palestra a fare, non a leggere, giusto?

Ed è qui che si rivela in tutta la sua fragilità il valore delle cosidette Cinture Nere di AMT: gradi che dovrebbero attestare abilità precise e invece sono solo titoli su carta nella stragrande maggioranza dei casi.
E se anche rappresentassero davvero il punto di partenza per la vera pratica, non si spiegherebbe per quale ragione da lì in poi l' allenamento prosegua allo stesso modo di prima, con forme ed esercizi da imparare a memoria, zero applicazione e tutto assicurato per verità di fede.

Ripenso allora agli ultimi allievi del mio vecchio maestro, che potrebbero decidere di aprire corsi a loro volta o migrare verso altre pratiche, scoprendo magari che la loro abilità marziale è a livelli ridicoli anche dopo tanti anni e tanti gradi ottenuti.

La Cintura Nera dovrebbe avere un valore, ma nei fatti non conta proprio un cazzo.

sabato 5 ottobre 2013

"Qual' è l' arte marziale migliore?" - Replica

Poco fa mi sono imbattuto in un paio di blog con articoli riguardanti "quale sia l' arte marziale migliore".
Con tutto il rispetto per il punto di vista degli autori, che condivido sotto alcuni aspetti, vorrei replicare mettendo da parte come mio solito la troppa diplomazia.

In quegli articoli in sostanza viene ribadito come non esista un' arte marziale migliore di un' altra in senso assoluto.
Vero, ho scritto decine di volte come l' equivoco più diffuso riguardi il cosa si intenda per "migliore", dal momento che le aspettative, i regolamenti o i contesti d' origine delle varie arti marziali sono molto diversi tra loro.

Però questa è una non-risposta, che accontenta tutti e nessuno allo stesso tempo... Anche se mi sento di sostenere che accontenti soprattutto i praticanti di AMT.
Perchè?
Perchè questo è il tipo di risposta che va per la maggiore in quegli ambienti, una sorta di paraculo per dare dignità e credibilità un pò a tutto.
In particolare a quelle arti marziali intrise di stronzate mistiche, tecniche favolose e leggende di maestroni invincibili.

Negli articoli che ho letto viene posto l' accento sulla contestualizzazione del presunto combattimento, sottolineando in particolare le differenze di regolamenti sportivi o la predilizione di approccio tra pugni, calci, lotta, etc.
Che non è del tutto sbagliato in sè, ma per l' appunto è troppo interpretabile da chi non ha esperienza.

Il comune denominatore che viene sminuito in questo genere di risposte è invece, neanche a dirlo, quello che accomuna un certo tipo di arti marziali, definite qui come "arti funzionali al combattimento".
Con questa definizione scremiamo a prescindere ogni pratica "salutistica", ogni presunta filosofia di vita, ogni pratica volta alla "crescita interiore" e tutto ciò che pretenda di rendere un' arte marziale (come ogni altra cosa) un "qualcosa di più ricco e completo".
Qui si sta parlando di arti marziali, di COMBATTIMENTO, non di religioni, gruppi felici, studi folcloristici o quant' altro perciò non prendo in considerazione nulla di tutto questo.
Questi extra possono rappresentare il valore aggiunto per alcuni, un minus per altri; Ma non è quello di cui voglio trattare.

Quando pratichi AMT ti convinci (e ti viene inculcata l' idea) che sia sempre l' uomo a fare la differenza, che le variabili del combattimento siano talmente tante per cui anche se sei un ciccione di 70 anni suonati tu possa avere la meglio su di un agonista di Kill Boxing in virtù del colpo fortunato.

E chi nega il contrario?
Certo che a quel punto non avrebbe nemmeno senso studiare arti marziali: alla fine è questione di fortuna, no?
Tanto quella volta che ti capitasse di doverti difendere potresti cavartela col colpo della domenica, no?
Tanto mica tutti "i pugili" o "i lottatori" sono campioni olimpici, mentre tu quella volta sarai "il Maestro di Cin Ciao Lin Kung Fu", no?
Tanto alla fine sono tutte buone, è solo questione di "applicarle come si deve", giusto?

E invece sono tutte palle, perchè nel mondo reale si deve ragionare per statistiche, non per episodi o inverosimili confronti.
Ad esempio: a che serve paragonare il Judo al Pugilato... in un match specifico di Judo o di Boxe?
E' ovvio che lo specialista, nel suo contesto agonistico, avrà la meglio nove volte su dieci (non dico sempre, giusto per tenerci buoni i casi della vita, che lo ribadisco non fanno statistica).

Ma se cominciassimo a considerare un contesto più permissivo, del tipo in cui sia possibile sia lottare come un judoka sia boxare come un pugile, si potrebbero già trarre alcune conclusioni interessanti.
Ad esempio che è statisticamente molto più facile chiudere la distanza e finire avvinghiati piuttosto che continuare a pestarsi a distanza.
Basta notare quante volte in un match di pugilato, di kick boxing e di qualsiasi altro stile basato sui colpi i due avversari finiscano in clinch; In quel caso è solo il regolamento ad obbligarli a staccarsi.
Nelle MMA invece (e diciamolo, in qualsiasi famigerato combattimento "da strada") questa situazione premia soprattutto i lottatori o chi comunque sappia destreggiarsi nel clinch.

La ragione per cui le MMA sono considerate tanto complete dipende proprio da questo aspetto.
In esse viene studiato in modo funzionale un tipo di combattimento che permette sia i colpi che la lotta, e penso sia inutile ripetere cosa abbiano dimostrato centinaia e centinaia di match.
Non si può vincere facendo solo striking o facendo solo lotta, sebbene saper lottare si sia rivelato più determinante.

E cosa c' entra tutto questo con l' arte marziale "migliore"?
C' entra eccome: per il fatto che tutta la gente che si allena nelle arti funzionali acquisisce esperienze, attitudini ed abilità reali che accrescono statisticamente la capacità di vincere un combattimento.
E più il regolamento sportivo con cui si compete è permissivo, più si avvicina ad una situazione diciamo "senza regole", più si saprà destreggiarsi in una situazione extra-sportiva, perchè sempre di combattimento umano stiamo parlando.

La cosa curiosa (e sottile) è che nell' articolo che ho letto si faccia riferimento a:
- Judo
- Pugilato
- Karate Kyokushin
- Brazilian Jiu Jitsu

ovvero ad arti marziali funzionali con competizioni sportive full contact di alto livello.
Nessun riferimento a stili come Wing Chun, Viet Vo Dao, Tai Chi, Karate in varie salse o le migliaia di stili "antichissimi", "originali" e "leggendari" che potete trovare in qualsiasi paesino.
Eppure non erano queste le arti marziali "più complete" e micidiali, quelle studiate per la difesa personale totale e per i famigerati scontri "senza regole"?
E' troppo facile paragonare arti funzionali e dire che una non sia meglio dell' altra: è cosa risaputa per via degli specifici regolamenti sportivi.
Quello che invece rischia di passare inosservato è che in qualunque di queste discipline la media dei praticanti agonisti sia capace di applicare per davvero quello che studia in palestra, nel modo in cui lo allena e anche contro altrettanti agonisti di livello.

Nelle cosidette AMT invece la media dei praticanti, maestri compresi, non è capace di fare altrettanto sia perchè non ha reali termini di paragone (non avendo alcun confronto tutto si riduce ad atti di fede ed autopromozione), sia perchè le tecniche che studia il più delle volte non hanno una reale applicabilità nel combattimento libero.
Ma soprattutto chi pratica queste arti marziali, mediamente non sa che pesci pigliare quando si trova a fronteggiare un praticante medio di arti funzionali.
E così ecco apparire la classica Simil-Kick® e tutta quella serie di colpi o tecniche di lotta raffazzonati e fatti senza reale cognizione, ma prontamente attribuiti ai princìpi della propria pratica qualora riuscissero.

Lasciatemi dire una cosa: forse io non farò statistica da solo (anche se le testimonianze e le esperienze dirette di centinaia di altre persone in tutto il mondo mi danno ragione), ma ho praticato AMT per tanti, troppi anni e sono passato alle arti funzionali da molto meno.
E la mia esperienza dimostra che le mie abilità di combattimento reali siano cresciute esponenzialmente solo da quando ho abbandonato un certo modo di praticare, quello tipico delle AMT.
Non è questione di sensazioni, non sono io a sentirmi più forte o più cool perchè ora "combatto in gabbia come nei film, yeah".
Dati alla mano quando ho iniziato a confrontarmi con altre persone in sparring liberi, dai pincopallini qualunque agli agonisti di varie specialità, sono passato dal prenderle senza se e senza ma al saperle dare.
Le prendevo quando ero una cintura nera di AMT rispettata e stimata.
Ho iniziato a darle dopo pochissimi mesi di arti funzionali.

Non parliamo poi della condizione mentale che, sempre mediamente, si crea praticando l' una o l' altra cosa.
Nelle AMT la preparazione fisica viene spesso snobbata, il tutto si riduce a ginnastica di mantenimento e lunghissime sessioni tecniche tra forme di posizioni, propedeutici astrusi o combinazioni da imparare a memoria "perchè si fanno così".
Nelle arti funzionali se vuoi iniziare a darle devi metterti sotto sul serio; Se poi ti passasse per la mente di voler provare l' agonismo sei tenuto a modificare in modo sostanziale il tuo stile di vita, dalla dieta alle ore dedicate all' allenamento, soprattutto aldilà delle lezioni ufficiali del tuo corso.
E questa condizione è normale ed incentivata dall' ambiente stesso, e non ci sono sconti, scorciatoie o gradi che tengano.

Le arti marziali non sono tutte uguali e non è solo l' uomo a decretare il successo di un combattimento.
Chi è ancora convinto di questo non se la sta raccontando giusta. E' una bugia.
Il modo e le cose in cui ci si allena fanno una differenza enorme nel proprio potenziale, fisico, tecnico e mentale per poter vincere un combattimento.
Certo che si può vincere e si può perdere, ma c'è un motivo se il pugile medio, il nak muay medio, il jujitero medio sono degli ossi duri per chiunque mentre il karateka, il wingchuncoso e il povero taichi-man medi quando le danno fanno notizia.
C'è una ragione se gli sportivi sanno che, nonostante la loro abilità, le prenderebbero di sicuro da un altro agonista di 30kg in più, mentre le leggende su cinesine che fanno volare energumeni violenti girino solo in certi ambienti "tradizionali".

C' è una ragione se i grandi campioni sportivi hanno tutti delle sconfitte nel loro palmares (in scontri contro altrettanti campioni) mentre i mega maestri delle più "micidiali" arti marziali orientali vengono sempre dipinti come guerrieri invincibili dalle abilità paranormali, senza che però sia possibile provare alcun loro confronto (tranne magari con qualche teppistello incapace).

C' è una ragione se un praticante di arti funzionali per essere considerato davvero bravo debba vincere delle competizioni in cui ci si mena sul serio, mentre un praticante di AMT basta che continui a frequentare il corso per diventare presto o tardi una "cintura nera", e da lì un "maestro", competendo al massimo in gare di forme o di light contact.
Un buon agonista si scontra e vince più volte contro altra gente come lui, allenata e preparata al combattimento; Un marzialista da kung fu si difende una sera da un fanfarone tirandogli un calcio alle palle ed un cazzotto ed ecco che diventa "uno che ha applicato per davvero i sacri insegnamenti dell' antica arte marziale cinese", condizione che lo accompagnerà per tutta la vita.

E non reggono nemmeno le storie sulle famigerate aggressioni "da strada" dal momento che anche in quel caso solo chi è avvezzo ad un certo tipo di contatto ha realmente accresciuto il proprio potenziale di difesa, rispetto a chi abbia fatto il corso "specifico" di difesa personale ripetendo però solo un sacco di movimenti con compagni accondiscendenti.

In conclusione, qual' è l' arte marziale migliore?
Se parliamo di saper combattere, e sembra che le arti marziali debbano trattare questo (...), le arti funzionali al combattimento restano statisticamente superiori a qualsiasi altra pratica.
Potete constatarlo di persona anche al vostro paese, provare per credere.

martedì 17 settembre 2013

Il ragazzino nerd

Come anticipato nel post precedente vorrei dedicare qualche osservazione in più riguardo ad uno degli utenti tipici dei corsi di arti marziali, il "ragazzino goffo".

Uso questa definizione solo per comodità, intendendo più in generale quel tipo di persone che si avvicinano a questo mondo spinte dal senso di rivalsa.
La rivalsa verso i bulli, i prepotenti, spesso in seguito ad episodi di bullismo (anche in tempi lontani) o comunque per via di una posizione sociale per così dire... sfigata.

Non voglio essere troppo diplomatico, diciamo le cose come stanno: noi tutti, soprattutto nell' adolescenza, conoscevamo qualche nerd, qualcuno preso di mira per le ragioni più disparate e incapace di farsi valere.
Lo sfigato della classe, quello che non sapeva stare in mezzo agli altri (e magari li evitava proprio), il debole che le prendeva un giorno sì e l' altro pure.
Ma anche il compagno timido, apatico o fisicamente ridicolo.

Questo tipo di utente è molto diffuso, anche se magari le sue caratteristiche non sono così evidenti.
Sono così, in fondo, anche la maggior parte di quelli che si avvicinano ai corsi di difesa personale.
Ho già scritto in passato di come iscriversi a questi corsi sia un segno intrinseco di debolezza, purtroppo affrontata in un modo discutibile.

Cosa si aspetta di trovare un "ragazzino goffo" nelle arti marziali?
E qui ci caliamo a piombo nel disastro mediatico perpetrato negli anni verso queste discipline.
Innanzitutto è doveroso distinguere il tipo di pratica scelta, perchè è di questo che sto parlando.
Per adesso limitiamoci alla scelta non dico sbagliata in assoluto ma più rischiosa.
E ovviamente si tratta delle AMT e dei corsi di autodifesa.

E' sempre emblematico il fatto che le persone meno temibili scelgano con preferenza arti marziali in cui non si competa ma si presuma di apprendere a combattere "per la vita", "senza regole".
Anche questo suona spesso come un' infantile esagerazione di intenzioni, quasi a voler fare qualcosa di più aggressivo e micidiale di quanto facciano i bulli tamarri (che per contratto praticano sport da combattimento e sono tutti tatuati, nonchè muratori ignoranti).
Non torno a ripetermi sui rischi di tali pratiche, in cui è davvero facile credere di essere diventati potenti guerrieri da strada senza aver mai combattuto full contact.
Il rischio è anche un altro, molto più sottile: perdere l' occasione di guadagnare la vera ed autentica autostima.

Perchè parlare di mere tecniche è molto riduttivo in questo caso: al ragazzino nerd non servono le tecniche più di quanto serva avere finalmente fiducia in sè stesso e, soprattutto, imparare a stare con le persone, a tirar fuori il carattere e a capire come giri il mondo.
E il mondo, ahimè, non è rispettoso e cavalleresco come viene spesso dipinto dai maestri delle sacre arti orientali.

Voglio raccontare una storia, la mia.
Ricordo che da bambino non fossi uno sfigato ma ero molto basso, il più basso della classe, e i compagni "bulli" mi prendevano spesso in giro per questo.
A peggiorare la situazione si da il caso che il mio migliore amico fosse quello più alto di tutti e questo scatenava ulteriore ilarità nei miei confronti.
Soprattutto ero permaloso, e questo era lo scacco matto.
Iniziai a praticare Karate per altre ragioni, ma quel primo contatto con le arti marziali segnò in modo significativo il mio "sviluppo marziale".
Per carità, non che fosse sbagliato a priori: ma dal momento che ero tutt' altro che una testa calda, tutti quegli insegnamenti di giustizia, fratellanza, rispetto ed autocontrollo finirono per "indebolire" ulteriormente la mia situazione sociale, creando le basi per anni ed anni di illusioni.

Ad esempio mi venne inculcato il senso di autocontrollo inteso come il divieto assoluto di usare il Karate se non per casi estremi di legittima difesa (che poi come si faccia a spiegarlo ad un bambino è tutto da capire...): e io a scuola, ai compagni curiosissimi nel scoprire che il nanetto faceva arti marziali, finivo per dire che non potessi reagire per via di una specie di codice d' onore samurai.
E loro ridevano ancora di più, e io mi rodevo il fegato perchè non volevo infrangere il sacro insegnamento.

Oppure mi convinsi che un "vero marzialista" rifuggesse la violenza in ogni sua forma, come una specie di Ghandi, e qualsiasi vizio umano, un asceta che mirasse alla pace tra gli uomini e alla giustizia universale.

Tutta questa serie di valori etici giusti ma "forzati" perdurò negli anni e durante tutta la mia lunghissima esperienza nei successivi stili, tra l' altro scelti in base a quel codice etico comune: sante arti marziali "tradizionali" orientali in cui non si impari solo a menare ma anche ad elevarsi come uomini e bla bla bla bla...

Intendiamoci, sono tutte cose giustissime e auspicabili.
Ma il mondo non gira così e non sono quelle persone e quelle pratiche a dover impartire massime di vita.
Non loro, non i loro esponenti e praticanti che si sono macchiati di nefandezze che la metà basta.
Tutte bugie, etica stampata su un foglio per facciata ma poco o nulla di autentico.

Quando poi ho iniziato a capire come girasse il mondo, e purtroppo ero già un pò in ritardo, mi sono accorto che in tutto ciò che prima denigravo c' era molto di buono: in fondo era solo una questione di punti di vista.
E quando infine ho effettuato il passaggio definitivo da "nanetto debole, permaloso e arrabbiato col mondo" a "persona normale" ho capito dove stessero gli errori, con la limpidezza di chi giudica gli avvenimenti al di sopra delle parti.
Oggi sono anche consapevole di come mi sia guadagnato certi aspetti positivi del mio carattere, più in generale la determinazione, la decisione, la disciplina: quegli aspetti che, per l' appunto, normalmente vengono associati solo alle arti marziali tradizionali.

E no, la fase delle AMT mi ha dato molto meno del resto.
Quei valori preconfezionati, quegli allenamenti limitati e limitanti, quell' atteggiamento "arrogante" e illuso è valso infinitamente di meno di quanto abbia appreso in pochi anni di sport, agonismo e pesistica.

Non potevo fare molto per la mia statura, ma iniziai ad esempio a curare la forma fisica andando a fare pesi.
Già, proprio quell' attività tanto tamarra e narcisistica che il mio penultimo maestro aborriva: secondo lui a livello tecnico l' arte marziale non necessitava di quei muscoli, e a livello morale un marzialista non frequentava ambienti del genere (!!!).
E invece scoprii che in sala pesi non c' erano solo bestioni anabolizzati ma prima di tutto gente determinata, con un obiettivo.
Gente che non si allenava per mettersi in mostra ma per stare bene con sè stessa e soprattutto per avere un fisico sano ed efficente.

Chi non ha mai praticato pesi, e con pesi non intendo necessariamente il Bodybuilding estremo (perchè è questa l' associazione comune), non può capire quanto possa dare un allenamento simile sia in termini di salute, di autostima e persino nei rapporti sociali.
Parliamoci chiaro, un fisico in forma piace a tutti, a chi lo ha e a chi lo guarda.
Non sto parlando di essere definiti e muscolosi come atleti olimpici, ma di essere normali, senza rotoli di adipe che strabordano, incapaci di sostenere due minuti di corsetta blanda e con un aspetto sano.

Conosco un ragazzo che nell 'adolescenza era obeso e posso immaginare lo scherno degli amici e le difficoltà con le ragazze.
Poi decise di fare un cambiamento e iniziò a fare pesi, modificando drasticamente la dieta.
Chi non ha provato non sa quanto sia traumatico farlo.
E oggi è invidiato dagli amici e ricercato dalle ragazze, sicuro di sè e consapevole di cosa significhi fare delle vere rinunce e lavorare verso un obiettivo.

Dal mio punto di vista questi sono insegnamenti molto più sinceri e concreti di qualche parabola elargita da sedicenti maestri, che per primi non dimostrano ciò che pretendono di insegnare.

Quando ho iniziato a praticare sport da combattimento mi sono trovato in un ambiente in cui veniva automatico puntare al miglioramento, e non in nome di qualche filosofia spicciola o raccomandazione paterna.
Ti alleni con gente che è più forte di te, non solo perchè sappia "muoversi armoniosamente", e se quella pratica ti interessa sai che devi impegnarti di più, devi fare sacrifici reali.
E la cosa più bella è che poi i miglioramenti arrivano, e sono tangibili: cominci ad essere tu quello da battere per gli ultimi arrivati, quello preso come riferimento per l' impegno.
Vedi il tuo fisico migliorare per davvero, impari a conoscere i tuoi limiti e i tuoi punti di forza perchè li verifichi ogni volta e ti alleni in un ambiente in cui la disciplina e il rispetto si guadagnano, non sono imposti da un' etichetta.

Perciò tornando a bomba al topic dell' articolo, il ragazzino nerd o il timido impiegato con la pancetta dovrebbero considerare tutto questo prima di lanciarsi nel corso di arti ascetiche orientali o in quello di killer militari assediati da delinquenti in vicoli oscuri.

Questo genere di miglioramento non passa nè da tecniche assassine fatte per finta nè da formalità cavalleresche e massime di vita imposte.
Se vuoi avere una rivalsa sociale, inizia a lavorare duro e in cose pratiche, sfidando tè stesso.
Tutto il resto è noia.