giovedì 26 luglio 2012

Le sveglie

Lurkando sui forum ogni tanto capita di imbattersi in quelle persone che con molta educazione espongono i loro dubbi riguardo alla pratica che stanno allenando, magari da svariati anni.
E' sempre un piacere per me leggere la genuina confusione che traspare da ciò che scrivono, perchè è il sintomo chiave della gente che si sta svegliando, che sta finalmente iniziando a giudicare con la propria testa e non con quella del maestro.
Porsi delle domande su quanto si pratica, perchè non si trova una risposta chiara ed inequivocabile, è il primo passo da compiere verso la conoscenza.
Cercare da altre parti queste risposte è il secondo.

Inutile dire che l' ultimo step sia l' abbandonare le enormi idiozie che vengono raccontate da troppo tempo in tutte quelle arti marziali che propongono difesa personale, forme, tecniche numerate e roba prestabilita.

L' esempio di oggi viene da un praticante di Karate Shotokan, prima arte marziale per molti della vecchia guardia ma ahimè anche capostipite di tantissime delle cose denigrabili delle arti marziali, le cose di cui parlo nel blog.
Il ragazzo si pone dei dubbi più che leciti proprio riguardo a tutto ciò che rende castrata e disonesta un' arte marziale, non solo lo Shotokan: posizioni innaturali e non comprensibili, troppe forme e senza un senso applicabile, movimenti esasperati nella loro precisione ma chiaramente improponibili al di fuori del prestabilito e soprattutto il kumite, il combattimento, quello che dovrebbe rappresentare l' obiettivo tecnico finale dello studio di un' arte marziale, che non rispecchia realmente ciò che avviene quando due persone si scontrano liberamente.

Porta l' esempio classico del colpo risolutivo, studiato con ossessione proprio dai karateka quasi fosse il loro marchio di fabbrica, ma raramente realizzabile quando l' altro può reagire in mille modi e soprattutto schiva, o incassa senza "morire", questo nostro colpo che credavamo micidiale.
Poi si chiede perchè nel Karate non si studi un tipo di combattimento in cui l' altro possa anche aggrapparsi, tirare, mulinare colpi a sua volta...

Insomma le solite bellissime domande che trovano la loro risposta nelle arti funzionali.
Trovo disarmante il fatto che queste cose che lui, come me a suo tempo, cerca come studio realistico di una pratica marziale siano la NORMALITA' in qualsiasi allenamento di un' arte funzionale, dal Pugilato alla Muay Thai, al BJJ, alla Scherma, alla Kick Boxing e soprattutto alle MMA...

Perchè uno pratica con passione per imparare proprio certe cose, e invece gli sciorinano una marea di cazzate pseudo-filosofiche ed esercizi di dubbia utilità, assicurandogli che è così che i grandi combattenti fanno da tempo immemore;

Gli parlano di difesa personale fatta di prese ai polsi e strangolamenti improbabili, attacchi telefonati con lame di gomma o pugni singoli alla Giuliano Gemma, il tutto da risolvere con precisi spostamenti, parate al volo o tecniche risolutive e letali;

Lo convincono di perseguire profondi ideali morali e avere una marcia in più in virtù di respirazioni strane, meditazione, nobili formalità di tempi e paesi lontani;

E poi uno va in una qualsiasi palestra di arti funzionali e scopre che lì senza tante storie si fa e soprattutto si impara per davvero a migliorare le proprie potenzialità nel combattimento.
Spesso dicono che il limite degli sport da combattimento siano le regole sportive, che limiterebbero il range tecnico di un "vero marzialista".
Ma non sono altrettanto limitate le arti marziali classiche, con tutti i loro orpelli di posizioni innaturali, forme rigorose e tecniche preordinate?
Non è forse più limitante studiare tecnica 1-2-3, posizione 1-2-3, esercizio 1-2-3 rispetto a specializzazioni nello striking o nella lotta fatte di drills e tecniche applicabili nelle loro mille varianti contro un avversario non collaborativo?

Siamo sempre lì, le arti classiche orientali possono essere affascinanti e senza dubbio adatte al grande pubblico ma non mi stancherò mai di dire quanto esistano metodi di allenamento estremamente più onesti e produttivi per apprendere il combattimento reale.

Con una condizione non da poco: non è affatto detto che praticando arti funzionali diventeremo veramente capaci.
Questa è una grande verità e, spiacente, anche una grande delusione.
Come in ogni cosa autentica della vita, potremmo renderci conto di non essere proprio portati per "fare a pugni", per lottare, per accettare dolore od infortuni, per faticare fino ad essere stremati, per fare sacrifici anche importanti in funzione di certi obiettivi.

Non è un caso che nei corsi di arti marziali ci si trovi di tutto, le signore attempate, le ragazzine fashion e tanti, tanti, TANTI uomini convinti di essere combattenti formidabili.

Ovviamente il male non sono le pratiche in sè, quanto ciò che ci si aspetta da esse.
Se avete il minimo dubbio riguardo a ciò che praticate in relazione a ciò che vorreste praticare, è arrivato il momento di svegliarsi.
Da qualche parte lo troverete, più vicino di quanto pensiate...

lunedì 23 luglio 2012

Se mi girano i 5 minuti...

Oggi vorrei parlare di un altro dei luoghi comuni diffusi nella nostra società, e che si sposano perfettamente alla pratica delle arti marziali.
Chi di noi non ha mai sentito qualcuno dire con tono minaccioso che "se gli girano i 5 minuti fa una strage"?

Ammettiamolo, è più facile averlo sentito dire da... noi stessi.
Infatti questo è un tipico sfogo per alimentare l' autostima o impaurire l' eventuale avversario, proprio come un gattino che rizza il pelo soffiando o un pinscher che abbaia con il ghigno assatanato.

In realtà la minaccia che non porta ad uno scontro fisico è normale e pure auspicabile; finchè non viene messa in pericolo l' incolumità di nessuno (soprattutto la nostra...) va bene così, ci si può mandare a cagare con le peggiori parole ma la cosa resta su questo livello.

Quello di cui voglio parlare però è l' atteggiamento di chi in realtà ci crede davvero di poter ammazzare, distruggere, spaccare la faccia di un' altra persona "perchè gli girano i 5 minuti".
Non voglio tediare i lettori con osservazioni sulla psicologia, l' adrenalina o l' effettiva maggiore pericolosità di una persona fuori dai gangheri, sappiamo tutti che essere infuriati amplifica certe qualità (e ne diminuisce altre).
Analizziamo piuttosto certi aspetti divertenti e pericolosi al tempo stesso di questa manifestazione di rabbia ed esagerata percezione di sè stessi.

E' da notare che questa dichiarazione di pericolosità è universale, sia che si pratichi arti marziali sia che si lotti solo con la pigrizia.

- se pratichi arti marziali (possibilmente cazzate cinesi) ti convinci che grazie alla doppia piroetta mortale e alla tecnica dello stambecco che pratichi da anni sarai assolutamente invincibile in questo momento di berserk. Godi come un tapiro al pensiero che qualcuno ti tema proprio perchè tu "fai arti marziali", soprattutto se fai Tai Chi.
Dal momento che nessuno nella storia dell' uomo ha mai visto un praticante di Tai Chi combattere, l' inesperto immagina che sia capace di uccidere con un solo colpo fatto di energia pura, se solo fosse costretto a farlo.

- se non pratichi arti marziali ti convinci che non fa nessuna differenza se il tuo avversario sia il campione mondiale dei pesi massimi: lo annienterai comunque e magari riderai anche dell' inefficacia del pugilato. Godi come un bufalo al pensiero che qualcuno ti tema proprio perchè, siccome non fai arti marziali, vuol dire che sei uno pratico, scevro da pirlate di onore, rispetto o strane tecniche che non si è mai capito come funzionino.
Dal momento che tutti hanno visto i pugili combattere in tv (in particolare in Rocky IV) immaginano che siano mostri muscolosi con lo sguardo da gangster e l' indole aggressiva, quindi se non hai paura di gente così devi essere un vero killer!

Peccato che non abbiano la benchè minima idea di come si allenino, cosa siano capaci di incassare e quanto cazzo siano veloci.
Non sanno quanto sia pericoloso un pugile a mani nude, e in ogni caso non capiscono che non è questione di "saper boxare" ma di tutto quello che sta dietro ad un pugile, dalla preparazione fisica alla predisposizione al sacrificio e al dolore.
Esattamente l' opposto del praticante medio di Tai Chi e pirlate cinesi.


Nell' immaginario collettivo c'è sempre un personaggio che rappresenta il top della pericolosità in combattimento, e di solito è il pugile.
Quindi il piccolo Calimero frustrato deve gonfiare il petto sostenendo di diventare più pericoloso di un pugile se solo gli venissero toccati i valori a lui più cari: la morosa, il marmocchio, lo smartphone.
Oppure quando subisce un' ingiustizia intollerabile, tipo rubare il parcheggio, saltare la fila a Gardaland o guardarlo negli occhi per più di 1 secondo.

Insomma che tu abbia cognizione di cosa voglia dire combattere o meno sei sicuro di poter pestare chiunque in virtù della tua incazzatura.
Ma la cosa veramente divertente di tutto questo in relazione alle arti marziali è che la furia rende incapaci di ogni genere di perfezionismo tipico delle AMT, vanificando del tutto il senso di simili studi.
Che poi è quanto succede anche in qualsiasi altro scontro non preparato, recitato o inventato per far felici le mamme al saggio di fine anno.

La rabbia può anche far sparire la paura, ma anche il buonsenso, e resta altamente improbabile che un pinscherino incazzato possa scalfire un molosso solo perchè è... incazzato.

Soprattutto se avete l' intelligenza limitata da assurde tecniche fantasiose e ossessione per i "princìpi", è una buona idea tenersi certi sfoghi per sè stessi.
Ne va della vostra incolumità...