mercoledì 16 ottobre 2013

10 cose che non avrei mai scoperto continuando a praticare arti marziali "tradizionali"

Se guardo indietro al mio passato mi accorgo di una serie di cose che continuando a praticare quel tipo di arti marziali non avrei mai scoperto.
Alcune di queste riguardano questioni di correttezza, onestà e verità oggettiva; Ma altre, più gravi, riguardano la percezione di quello che facevo e delle mie potenzialità.
Vediamone alcune:

1) I miei colpi erano veramente deboli
Ricordo come se fosse ieri la prima volta che partecipai ad un allenamento di Muay Thai e il modo in cui l' istruttore mi fece notare che i miei pugni erano scarsissimi.
Io ero sicuro di tirare delle bordate micidiali, mi ero (e mi avevano) convinto che con tutti gli anni passati a mimare colpi nell' aria, curando in modo maniacale la posizione e con il busto immobile, i miei pugni fossero perfetti e capaci di sfruttare "l' Energia Interna".
E invece contro un bersaglio vero erano poco più che buffetti, soprattutto se paragonati alle cannonate degli altri ragazzi.

2) La mia forma fisica era scadente
Badare, non sono mai stato un obeso nè mi sono mai lamentato per gli allenamenti "duri".
Solo che un allenamento "duro" non sapevo nemmeno dove stesse di casa.
Credevo di essere allenato perchè sapevo fare piroette, lunghe forme di posizioni senza fermarmi e reggevo senza problemi sessioni di ben trenta piegamenti sulle braccia quando i compagni crollavano.
Quando iniziai a fare sul serio ricordo come a metà allenamento la testa iniziava a girarmi, come dovevo rinunciare agli sparring per mancanza di fiato, e come dopo cinque minuti di corsa vera ero costretto a camminare per non morire lì in strada.

3) L' aggressività ti fa vincere
Ero talmente intriso di buoni valori, parabole su saggi orientali pacifisti e condizionamenti psicologici sull' autocontrollo che davanti ad un avversario aggressivo, cattivo, andavo in panico rifiutando proprio lo scontro violento.
Ero talmente saturo di tecniche e stretegie basate sul contrattacco che finivo per prenderle semplicemente perchè restavo in attesa di intercettare i colpi dell' altro.
E mi incazzavo pure perchè tutte le mirabolanti difese che avevo studiato non funzionavano di fronte ad una gragnuola di cazzotti quasi scoordinati.

4) La lotta è efficacissima
In tutti gli anni passati nelle AMT ricordo che non si sia mai parlato dell' importanza di saper lottare in un combattimento "libero": veniva dato per scontato che il combattimento fosse tutta una questione di striking, coadiuvato al massimo da qualche proiezione o sgambetto.
Il bello è che una parte del programma tecnico verteva proprio su tecniche "lottatorie", ma studiate in modo inutile e collaborativo, solite tecniche numerate che dovevano apparire bene per l' esame.
Zero applicazione e soprattutto... Zero possibilità che quella roba riuscisse per davvero.
Tecniche che oggi mi farebbero sanguinare gli occhi da quanto siano assurde e basate sul niente.
Oggi so che dopo 4-5 mesi di allenamento lottatorio ero già in grado di finalizzare, per davvero, gente molto più grande e pesante di me.


5) La lotta è divertentissima
Inutile dirlo, non mi sono mai divertito tanto nell' allenarmi come da quando lotto.
La mia concezione della pratica marziale era limitata alla ripetizione nauseante di forme ed esercizi, ricordo che nell' ultimo periodo di AMT mi demoralizzavo all' istante non appena il maestro ci diceva di provare gli esercizi a coppie.
Praticamente andavo in palestra per imparare delle recite, lo sforzo maggiore riguardava la memoria pura e semplice.
Scoprire un allenamento realmente attivo e dove si possa "inventare" una soluzione diversa ogni volta è stato una liberazione enorme.

6) Ci sono poche tecniche buone e migliaia cattive
Lo so è scontato, ma devo ribadire che solo praticando per un certo periodo e con impegno arti funzionali si riesce a comprendere l' assurdità che sta dietro a decine di arti marziali.
Io ero assolutamente convinto di quello che praticavo in precedenza, e quando non lo ero avevo ancora un sacco di giustificazioni per dargli un senso.
E' tipico.
Poi ti rendi conto che c' è una ragione se le arti funzionali convergono verso le stesse tecniche e gli stessi metodi per allenarle, senza tirare in ballo astrusi principi o metodi segreti.
Esiste un modo migliore, ottimale, per raggiungere un obiettivo.
Ed esistono cose che si possono o non si possono a fare, punto.

7) La difesa personale è un argomento complicatissimo e i maestri non ne sanno nulla
Su questo non transigo: nelle AMT vengono raccontate una quantità abnorme di cazzate su questo argomento, e nessuno ripeto nessuno tra tutti i maestri che ho incontrato in più di 20 anni di pratica e seminari sapeva veramente di cosa stesse cianciando.
Tutti sono concentrati sulle tecniche del proprio stile, farfugliano qualche ovvietà di buonsenso per sembrare competenti e saltano a piedi pari tutto ciò che viene prima (e che al contrario fa la differenza).
Oggi, con la diffusione del Krav Maga in varie salse e metodi affini, improvvisamente si mettono a parlare anche loro di scenari, tecniche essenziali, psicologia, etc. senza però averne alcuna competenza reale.
Ma non si faceva l' arte marziale che "fin dall' antichità viene usata a scopo difensivo"?

8) Sono portato per fare delle cose e non per altre
E non sto parlando di riuscire a fare la tal piroetta o la forma di posizioni, parlo sempre di sfruttare al meglio le mie attitudini in un contesto credibile.
Nelle AMT si finisce per dare per scontato che pugni, calci e prese vengano più o meno bene a tutti, del resto... basta saperli applicare, no? (adoro questo ritornello)
E invece ognuno ha i propri punti di forza e di debolezza, ma sono molto più sottili del semplice essere più veloci, più agili o più grossi.
So quali sono i miei colpi buoni perchè li provo sul serio; Elaboro attivamente le mie personali strategie di attacco e difesa perchè mi confronto; So che alcune tecniche mi riescono ed altre no, nonostante le alleni allo stesso modo.
Solo provando, e con gente diversa, puoi esprimere il tuo vero potenziale ma anche scoprire cosa è meglio che tu non faccia mai.

9) Le botte, diamine, LE BOTTE!
Anche questa potrebbe sembrare un' ovvietà ma purtroppo non lo è: quando sei abituato da anni a recitare scene di dolore o colpi "risolutivi", finisci per dimenticare cosa significhi provare dolore vero o... procurarlo ad altri per davvero.
Sempre che tu lo abbia mai testato.
Si scopre che un solo cazzotto a segno ti scombina; Oppure, al contrario, scopri di riuscire a sopportarne molto più di quanto pensassi.
Scopri che tutte le parate elaborate che si vedono nelle esibizioni sono pura fantascienza, pura recita coreografica, e allo stesso modo quei modi curiosi di colpire (proprio quelli che trovavi tanto spettacolari e affascinanti) sono pura idiozia biomeccanica.
Le botte fanno male, cazzo!

10) Niente è degno di essere idolatrato
Quando ero immerso nella "setta" era normale continuare a parlare dell' arte marziale, ricondurre ai suoi principi ogni avvenimento della vita, cercare sempre una spiegazione per sostenere le sue verità, le sue tecniche o i suoi esponenti.
Il maestro si rivolgeva ai discepoli (argh) come un padre amorevole, ed essi gli porgevano il deretano con un sorriso.
Sempre con sta cazzo di storia della "grande famiglia", della Via da percorrere per la Vita, degli insegnamenti di saggezza, degli antichi cinesini che sapevano già tutto e lo celavano ai "truzzi minchia porcoddue"...
Quando ci sei dentro ti sembra tutto giusto e, ahimè, assolutamente normale.
Solo insinuando il seme del dubbio riguardo a tutte le questioni ho potuto liberarmi di quelle suggestioni e atteggiamenti.
Rendendomi conto che oltre a tutte le assurdità tecniche c' erano soprattutto una marea di incongruenze etiche e comportamentali.
Le tecniche che studiavo da anni si sono rivelate tempo perso, approssimative, inapplicabili quando non proprio dannose;
I maestri si sono rivelati dei bugiardi, compiendo atti contrari alla morale che andavano divulgando;
La stessa arte marziale si è rivelata una baggianata, venduta come antica e originale mentre si trattava di un' elaborazione totalmente libera di quattro gatti;
A pagarne le conseguenze tutti gli allievi, quelli di grado più basso, quelle persone che si appassionano di questo genere di arti marziali con ingenuità e tutte le buone intenzioni, finendo per alimentare il meccanismo che pian piano li rende succubi del sistema settario, buonafede o no.

Ogni volta che faccio questo genere di considerazioni mi immagino i lettori, praticanti di AMT, che si mettono sulla difensiva ritenendo la mia un' esperienza estrema, un caso tipico di marzialista deluso perchè capitato nella piccola scuola del cazzaro di paese, che ha fatto allenamenti improvvisati, con tecniche imparate su YouTube, per l' associazione "mondiale" formata da tre palestre in tutto.

Devo quindi ripetermi, non è affatto così: ho la passione per le arti marziali fin da bambino, ho divorato con genuino interesse ogni informazione a riguardo, ho spaziato in diversi stili e partecipato attivamente ad ogni genere di stage per anni, con costanza.
Gli stili che ho praticato sono ben conosciuti e diffusi, alla stessa maniera, in tutto il mondo, con organizzazioni solide e maestri stimati.
Senza contare tutte le storie che mi hanno raccontato altre persone, di altre scuole, e tutto ciò che leggo da anni in forum italiani e non.
Insomma, ho buone ragioni per non ritenere un caso isolato ciò che ho passato io, nè la mia pratica così blanda e singolare.
Sono sicuro che tra i cultori delle Arti Marziali "Tradizionali" ci siano persone validissime e che si allenano da sempre in modo esemplare: ma quelle sono mosche bianche e hanno comunque i loro scheletri nell' armadio, come tutti del resto.
Ognuno può giudicare la propria realtà da solo e decidere se stia facendo le cose per bene e con onestà.

Io ne ero convinto...
Poi mi sono svegliato.

lunedì 14 ottobre 2013

Il mio Jeet Kune Do è quello vero, il tuo no! Gnè gnè!

Sto seguendo con sincero senso di disgusto l' ennesima discussione tra praticanti di Jeet Kune Do, il noto "stile non stile" ideato da Bruce Lee.
Tutto nasce dal video pubblicato da un ragazzo inerente una sua esibizione della tal disciplina: si vede questo sedicente istruttore (lui stesso) presentare tecniche più che discutibili, in modo più che discutibile.

Potrei già fare molte considerazioni a riguardo, giacchè nel video vedo un ragazzo impacciato che pretende di insegnare cose che probabilmente nemmeno lui conosce per davvero.
Non si venga a dire che "non si può sapere", che sia solo un' esibizione base per un pubblico di ignoranti: il livello è palesemente basso, lo si percepisce dal modo in cui si muove; E considerando che molta gente bravissima a muoversi e presentare non sia comunque in grado di applicare ciò che insegna, abbiamo un' idea di quanti istruttori di basso livello ci siano in giro.

Ma non è di questo che volevo parlare, anche perchè il ragazzo si era posto con una certa apertura alle critiche.
Quello che mi ha davvero disgustato (ma anche fatto sorridere, lo ammetto) è la reazione dei suoi "colleghi" praticanti dello stesso famigerato stile.
Ho accennato in altri post di come il JKD sia ad oggi una specie di calderone in cui possano rifugiarsi tutti quelli che vogliano fare un pò quel cazzo che gli pare.
Ma il bello è che ognuno di loro è assolutamente sicuro di praticare "nel modo giusto" (ricorda nulla questa asserzione?), è convinto di avere la chiave di lettura per interpretare il lascito di Briuuuus Liii...
Gli altri istruttori, spesso altrettanti ragazzi dalle dubbie qualità, si sono subito accaniti dicendogli che il suo non è affatto JKD, che nel suo video non se ne veda nemmeno l' ombra.
Qualcuno gli ha persino augurato di conoscere un vero maestro che gli possa insegnare nel modo giusto e c'è da scommettere che quel modo sia il proprio.
E' un pò come darti un calcio nel culo e una carezza sulla guancia, ti dico che sei un incapace deficiente ma lo faccio per il tuo bene, per mostrarti la Vera Sapienza!

E scommetto anche che la ragione di questo accanimento derivi proprio dal basso livello del ragazzo, che mima calci e pugni come nella peggiore tradizione da "difesa personale per donne".
La sua prestazione scadente ha disonorato l' immagine del JKD! La gente potrebbe pensare che Briuus Lii divulgasse tecniche recitate come quelli del Karate!

Aggiungerei che la cosa abbia indispettito soprattutto quel genere di appassionati che, al contrario, praticano il JKD in tutina giallo-nera, saltellando sulle punte mentre frustano colpi ed emettono miagolii: se vuoi fare il vero JKD devi emulare il tuo eroe o non se ne fa nulla!

Mi soffermo a pensare, di nuovo, a quanto sia stato fortunato nell' uscire da questo tipo di ambiente, quello delle arti marziali con i maestri unici depositari del vero stile.
Quelle arti marziali in cui ti restino sempre dubbi su chi faccia quello vero, su chi abbia interpretato al meglio la tal tecnica o parola.
Nel caso del JKD, un ambiente in cui ogni praticante, dal bimbominchia che si autoriprende in camera quando la mamma è a fare la spesa, all' esaltato che si autoriprende in garage mentre mena dei novellini "per insegnargli", si consideri "maestro di sè stesso".
Praticano tutti qualcosa di non ben definito, diverso da palestra a palestra, ma pretendono che sia il loro quello buono, giudicando con sufficienza ciò che fanno gli altri.
Hanno come riferimento massimo un attore degli anni '70, e da lì in giù una serie di personaggi che a loro volta si guardano in cagnesco e si mal considerano a vicenda, non potendo però spiegare il perchè giacchè nessuno possa dimostrare di praticare ciò che intendeva il capostipite.

Quelle arti marziali in cui viene stravolto tutto ciò che davi per assodato se solo cambi palestra, in cui dopo anni di pratica potresti trovarti col dubbio di non aver mai praticato nel modo corretto.
Ma ecco che qualcuno arriva e ti indica il Vero Maestro "che ha capito", che durante uno stage di tre ore ti spiegherà qualche tecnica (e tu carpirai tutto lo stile) pagandogli profumatamente anche la bellissima t-shirt col Logo Autentico della sua scuola, rendendoti un praticante esperto.

Ben felice di esserne fuori...

lunedì 7 ottobre 2013

La Cintura Nera: insomma, ha un valore o no?

Mi sono accorto che il sito del mio vecchio maestro non è più online.
Già in precedenza vi ero capitato (dopo qualche ricerca mirata, non lo nego) e sarebbe stato un pozzo senza fine da cui pescare per gli articoli di questo blog, tali e tanti erano gli strafalcioni e le assurdità lì scritte.
L' ho cercato ultimamente per vedere se ci fossero delle novità e invece non esiste proprio più.

Tra le varie ipotesi esiste anche quella che abbia deciso di abbandonare del tutto l' insegnamento, che il corso non esista proprio più.
Mi sono immaginato la scena in cui diceva agli ultimi discepoli che il corso avrebbe chiuso.
Sono cose che capitano, per le ragioni più disparate e non necessariamente per un cattivo insegnamento.
Però la mia riflessione riguardava un altro aspetto della cosa: io so che una buona parte di questi suoi ultimi discepoli avevano ottenuto da tempo il tanto decantato grado di Cintura Nera, e successivi Dan.

Sulla carta quindi dovrebbero essere non dico dei maestri, ma comunque gente con una competenza di alto livello, inequivocabile.
E invece io ricordo che ai tempi erano persone normalissime con abilità e attitudini perfettamente in linea con quel tipo di pratica, ovvero tutto fumo e niente arrosto.
E lo dico senza offesa, ma la stragrande maggioranza dei praticanti di quel tipo di stili sono tutti concentrati nel ricordare forme ed esercizi estetici, balletti cinesi, invece che preoccuparsi della loro applicazione.
Insomma dai, senza voler offendere nessuno penso sia evidente quando uno è interessato ad applicare tecniche di combattimento e quando invece vada in palestra solo per fare ginnastica.
Per hobby nudo e crudo.

Non ho nessuna ragione di credere che quelle persone siano diventate dei mostri del combattimento, mi ci gioco qualsiasi cosa.
E aldilà dell' importanza che questo possa avere, il punto a cui voglio arrivare è un altro:

La Cintura Nera ottenuta dopo anni di pratica in un' arte marziale, attesta le abilità del praticante oppure no?

Il luogo comune lo conosciamo tutti, una Cintura Nera è un esperto, uno capace, uno che "sa difendersi"... uno che conosce e sa applicare le tecniche di combattimento che ha studiato per anni, e lo sappia fare in maniera esemplare.

E invece quando pratichi questi stili e ti avvicini al tanto agognato traguardo ti viene inculcata l' idea che la Cintura Nera in realtà non significhi nulla, che sia al contrario solo il punto di inizio della pratica.
Ti viene detto che la Cintura Nera attesti soltanto la conoscenza delle basi della tua arte marziale, e che il vero lavoro (e conseguenti abilità) inizi proprio adesso!

La gente fuori da quell' ambiente è convinta che ora tu sia un temibile esperto di arti marziali;
Il tuo maestro e i tuoi "superiori" ti dicono con un sorriso che ora puoi iniziare a capire e studiare sul serio.
Tu ti rendi conto che tanto eri pippa (o abile) prima quanto lo sei adesso, pur indossando un pezzo di stoffa diverso.

Io vorrei fare qualche osservazione a riguardo, perchè anche questo argomento è spesso malinterpretato o strumentalizzato, nell' ambiente, a seconda di come faccia comodo.
E per farlo prenderò ancora una volta esempio dalla miriade di altre pratiche umane, meno intrise di cazzate mistiche e giri di parole.

Volenti o nolenti, il grado di Cintura Nera ha un significato: lo ha fin da quando è stato inventato, quale che sia stato il suo contesto originario (ci sono vari racconti a riguardo).
E senza girarci tanto intorno il suo significato attesta l' esperienza di quella pratica.
E dal momento che le arti marziali trattano di tecniche di offesa/difesa (continuerò a ripeterlo fino alla nausea), esserne un esperto deve attestare la tua capacità di metterle in pratica.

Poi possiamo discutere sul fatto che ci sia sempre qualcuno più o meno bravo nel farlo, come in tutte le cose: ma nel momento in cui ottieni un riconoscimento di "alto livello" si da per scontato che tu sappia bene cosa fai e come farlo.
Si dovrebbe, almeno.

Veniamo al paragone.
L' uomo può praticare migliaia di attività, di qualsiasi genere: si può andare in motocicletta, si può disegnare, si può suonare uno strumento, si può ballare e così via.
Ciascuna di queste attività deve essere appresa a vari livelli, nessuno la sa fare ad alti livelli senza averci studiato sopra e dedicato centinaia e centinaia di ore di PRATICA.
Nella maggior parte di esse non è prevista alcuna "gerarchia" ma se lo fosse, se per ipotesi potessimo parlare di "Cintura Nera di... pianoforte", sarebbe scontato aspettarsi un livello di maestria evidente in chi possieda questo titolo.
Non che debba essere un novello Mozart: ma che sappia suonare il pianoforte senza difficoltà, sì.

Alla stessa maniera per cui un Laureato non è automaticamente un professionista, ma si da per scontato che certe nozioni e capacità di sfruttarle le abbia.
Il suo sarebbe solo un problema di poca esperienza sul campo.

Ma il marzialista?
Lui non pratica fin dalla prima lezione qualcosa di molto più pratico?
Non ha mica studiato sui libri e fatto qualche test in laboratorio: nel corso di svariati anni è sempre andato in palestra a fare, non a leggere, giusto?

Ed è qui che si rivela in tutta la sua fragilità il valore delle cosidette Cinture Nere di AMT: gradi che dovrebbero attestare abilità precise e invece sono solo titoli su carta nella stragrande maggioranza dei casi.
E se anche rappresentassero davvero il punto di partenza per la vera pratica, non si spiegherebbe per quale ragione da lì in poi l' allenamento prosegua allo stesso modo di prima, con forme ed esercizi da imparare a memoria, zero applicazione e tutto assicurato per verità di fede.

Ripenso allora agli ultimi allievi del mio vecchio maestro, che potrebbero decidere di aprire corsi a loro volta o migrare verso altre pratiche, scoprendo magari che la loro abilità marziale è a livelli ridicoli anche dopo tanti anni e tanti gradi ottenuti.

La Cintura Nera dovrebbe avere un valore, ma nei fatti non conta proprio un cazzo.

sabato 5 ottobre 2013

"Qual' è l' arte marziale migliore?" - Replica

Poco fa mi sono imbattuto in un paio di blog con articoli riguardanti "quale sia l' arte marziale migliore".
Con tutto il rispetto per il punto di vista degli autori, che condivido sotto alcuni aspetti, vorrei replicare mettendo da parte come mio solito la troppa diplomazia.

In quegli articoli in sostanza viene ribadito come non esista un' arte marziale migliore di un' altra in senso assoluto.
Vero, ho scritto decine di volte come l' equivoco più diffuso riguardi il cosa si intenda per "migliore", dal momento che le aspettative, i regolamenti o i contesti d' origine delle varie arti marziali sono molto diversi tra loro.

Però questa è una non-risposta, che accontenta tutti e nessuno allo stesso tempo... Anche se mi sento di sostenere che accontenti soprattutto i praticanti di AMT.
Perchè?
Perchè questo è il tipo di risposta che va per la maggiore in quegli ambienti, una sorta di paraculo per dare dignità e credibilità un pò a tutto.
In particolare a quelle arti marziali intrise di stronzate mistiche, tecniche favolose e leggende di maestroni invincibili.

Negli articoli che ho letto viene posto l' accento sulla contestualizzazione del presunto combattimento, sottolineando in particolare le differenze di regolamenti sportivi o la predilizione di approccio tra pugni, calci, lotta, etc.
Che non è del tutto sbagliato in sè, ma per l' appunto è troppo interpretabile da chi non ha esperienza.

Il comune denominatore che viene sminuito in questo genere di risposte è invece, neanche a dirlo, quello che accomuna un certo tipo di arti marziali, definite qui come "arti funzionali al combattimento".
Con questa definizione scremiamo a prescindere ogni pratica "salutistica", ogni presunta filosofia di vita, ogni pratica volta alla "crescita interiore" e tutto ciò che pretenda di rendere un' arte marziale (come ogni altra cosa) un "qualcosa di più ricco e completo".
Qui si sta parlando di arti marziali, di COMBATTIMENTO, non di religioni, gruppi felici, studi folcloristici o quant' altro perciò non prendo in considerazione nulla di tutto questo.
Questi extra possono rappresentare il valore aggiunto per alcuni, un minus per altri; Ma non è quello di cui voglio trattare.

Quando pratichi AMT ti convinci (e ti viene inculcata l' idea) che sia sempre l' uomo a fare la differenza, che le variabili del combattimento siano talmente tante per cui anche se sei un ciccione di 70 anni suonati tu possa avere la meglio su di un agonista di Kill Boxing in virtù del colpo fortunato.

E chi nega il contrario?
Certo che a quel punto non avrebbe nemmeno senso studiare arti marziali: alla fine è questione di fortuna, no?
Tanto quella volta che ti capitasse di doverti difendere potresti cavartela col colpo della domenica, no?
Tanto mica tutti "i pugili" o "i lottatori" sono campioni olimpici, mentre tu quella volta sarai "il Maestro di Cin Ciao Lin Kung Fu", no?
Tanto alla fine sono tutte buone, è solo questione di "applicarle come si deve", giusto?

E invece sono tutte palle, perchè nel mondo reale si deve ragionare per statistiche, non per episodi o inverosimili confronti.
Ad esempio: a che serve paragonare il Judo al Pugilato... in un match specifico di Judo o di Boxe?
E' ovvio che lo specialista, nel suo contesto agonistico, avrà la meglio nove volte su dieci (non dico sempre, giusto per tenerci buoni i casi della vita, che lo ribadisco non fanno statistica).

Ma se cominciassimo a considerare un contesto più permissivo, del tipo in cui sia possibile sia lottare come un judoka sia boxare come un pugile, si potrebbero già trarre alcune conclusioni interessanti.
Ad esempio che è statisticamente molto più facile chiudere la distanza e finire avvinghiati piuttosto che continuare a pestarsi a distanza.
Basta notare quante volte in un match di pugilato, di kick boxing e di qualsiasi altro stile basato sui colpi i due avversari finiscano in clinch; In quel caso è solo il regolamento ad obbligarli a staccarsi.
Nelle MMA invece (e diciamolo, in qualsiasi famigerato combattimento "da strada") questa situazione premia soprattutto i lottatori o chi comunque sappia destreggiarsi nel clinch.

La ragione per cui le MMA sono considerate tanto complete dipende proprio da questo aspetto.
In esse viene studiato in modo funzionale un tipo di combattimento che permette sia i colpi che la lotta, e penso sia inutile ripetere cosa abbiano dimostrato centinaia e centinaia di match.
Non si può vincere facendo solo striking o facendo solo lotta, sebbene saper lottare si sia rivelato più determinante.

E cosa c' entra tutto questo con l' arte marziale "migliore"?
C' entra eccome: per il fatto che tutta la gente che si allena nelle arti funzionali acquisisce esperienze, attitudini ed abilità reali che accrescono statisticamente la capacità di vincere un combattimento.
E più il regolamento sportivo con cui si compete è permissivo, più si avvicina ad una situazione diciamo "senza regole", più si saprà destreggiarsi in una situazione extra-sportiva, perchè sempre di combattimento umano stiamo parlando.

La cosa curiosa (e sottile) è che nell' articolo che ho letto si faccia riferimento a:
- Judo
- Pugilato
- Karate Kyokushin
- Brazilian Jiu Jitsu

ovvero ad arti marziali funzionali con competizioni sportive full contact di alto livello.
Nessun riferimento a stili come Wing Chun, Viet Vo Dao, Tai Chi, Karate in varie salse o le migliaia di stili "antichissimi", "originali" e "leggendari" che potete trovare in qualsiasi paesino.
Eppure non erano queste le arti marziali "più complete" e micidiali, quelle studiate per la difesa personale totale e per i famigerati scontri "senza regole"?
E' troppo facile paragonare arti funzionali e dire che una non sia meglio dell' altra: è cosa risaputa per via degli specifici regolamenti sportivi.
Quello che invece rischia di passare inosservato è che in qualunque di queste discipline la media dei praticanti agonisti sia capace di applicare per davvero quello che studia in palestra, nel modo in cui lo allena e anche contro altrettanti agonisti di livello.

Nelle cosidette AMT invece la media dei praticanti, maestri compresi, non è capace di fare altrettanto sia perchè non ha reali termini di paragone (non avendo alcun confronto tutto si riduce ad atti di fede ed autopromozione), sia perchè le tecniche che studia il più delle volte non hanno una reale applicabilità nel combattimento libero.
Ma soprattutto chi pratica queste arti marziali, mediamente non sa che pesci pigliare quando si trova a fronteggiare un praticante medio di arti funzionali.
E così ecco apparire la classica Simil-Kick® e tutta quella serie di colpi o tecniche di lotta raffazzonati e fatti senza reale cognizione, ma prontamente attribuiti ai princìpi della propria pratica qualora riuscissero.

Lasciatemi dire una cosa: forse io non farò statistica da solo (anche se le testimonianze e le esperienze dirette di centinaia di altre persone in tutto il mondo mi danno ragione), ma ho praticato AMT per tanti, troppi anni e sono passato alle arti funzionali da molto meno.
E la mia esperienza dimostra che le mie abilità di combattimento reali siano cresciute esponenzialmente solo da quando ho abbandonato un certo modo di praticare, quello tipico delle AMT.
Non è questione di sensazioni, non sono io a sentirmi più forte o più cool perchè ora "combatto in gabbia come nei film, yeah".
Dati alla mano quando ho iniziato a confrontarmi con altre persone in sparring liberi, dai pincopallini qualunque agli agonisti di varie specialità, sono passato dal prenderle senza se e senza ma al saperle dare.
Le prendevo quando ero una cintura nera di AMT rispettata e stimata.
Ho iniziato a darle dopo pochissimi mesi di arti funzionali.

Non parliamo poi della condizione mentale che, sempre mediamente, si crea praticando l' una o l' altra cosa.
Nelle AMT la preparazione fisica viene spesso snobbata, il tutto si riduce a ginnastica di mantenimento e lunghissime sessioni tecniche tra forme di posizioni, propedeutici astrusi o combinazioni da imparare a memoria "perchè si fanno così".
Nelle arti funzionali se vuoi iniziare a darle devi metterti sotto sul serio; Se poi ti passasse per la mente di voler provare l' agonismo sei tenuto a modificare in modo sostanziale il tuo stile di vita, dalla dieta alle ore dedicate all' allenamento, soprattutto aldilà delle lezioni ufficiali del tuo corso.
E questa condizione è normale ed incentivata dall' ambiente stesso, e non ci sono sconti, scorciatoie o gradi che tengano.

Le arti marziali non sono tutte uguali e non è solo l' uomo a decretare il successo di un combattimento.
Chi è ancora convinto di questo non se la sta raccontando giusta. E' una bugia.
Il modo e le cose in cui ci si allena fanno una differenza enorme nel proprio potenziale, fisico, tecnico e mentale per poter vincere un combattimento.
Certo che si può vincere e si può perdere, ma c'è un motivo se il pugile medio, il nak muay medio, il jujitero medio sono degli ossi duri per chiunque mentre il karateka, il wingchuncoso e il povero taichi-man medi quando le danno fanno notizia.
C'è una ragione se gli sportivi sanno che, nonostante la loro abilità, le prenderebbero di sicuro da un altro agonista di 30kg in più, mentre le leggende su cinesine che fanno volare energumeni violenti girino solo in certi ambienti "tradizionali".

C' è una ragione se i grandi campioni sportivi hanno tutti delle sconfitte nel loro palmares (in scontri contro altrettanti campioni) mentre i mega maestri delle più "micidiali" arti marziali orientali vengono sempre dipinti come guerrieri invincibili dalle abilità paranormali, senza che però sia possibile provare alcun loro confronto (tranne magari con qualche teppistello incapace).

C' è una ragione se un praticante di arti funzionali per essere considerato davvero bravo debba vincere delle competizioni in cui ci si mena sul serio, mentre un praticante di AMT basta che continui a frequentare il corso per diventare presto o tardi una "cintura nera", e da lì un "maestro", competendo al massimo in gare di forme o di light contact.
Un buon agonista si scontra e vince più volte contro altra gente come lui, allenata e preparata al combattimento; Un marzialista da kung fu si difende una sera da un fanfarone tirandogli un calcio alle palle ed un cazzotto ed ecco che diventa "uno che ha applicato per davvero i sacri insegnamenti dell' antica arte marziale cinese", condizione che lo accompagnerà per tutta la vita.

E non reggono nemmeno le storie sulle famigerate aggressioni "da strada" dal momento che anche in quel caso solo chi è avvezzo ad un certo tipo di contatto ha realmente accresciuto il proprio potenziale di difesa, rispetto a chi abbia fatto il corso "specifico" di difesa personale ripetendo però solo un sacco di movimenti con compagni accondiscendenti.

In conclusione, qual' è l' arte marziale migliore?
Se parliamo di saper combattere, e sembra che le arti marziali debbano trattare questo (...), le arti funzionali al combattimento restano statisticamente superiori a qualsiasi altra pratica.
Potete constatarlo di persona anche al vostro paese, provare per credere.